è uno dei fotografi francesi più noti, ancora in vita, del XX secolo. Pur mantenendo sempre il suo inconfondibile stile classico, Riboud è un predecessore del movimento per cui il reportage non è un semplice documentario ma mostra anche un lato umano, con tutte le sue emozioni. Un movimento che si affermò, anche grazie a Riboud, negli anni ’70.
Il genio artistico di Riboud ha molto a che fare con gli aspetti privati della sua vita: aperto, energico ed intellettuale nel privato così come nel suo lavoro. Da un lato ha sempre cercato di coinvolgere amici e familiari nelle sue imprese anche solo attraverso gli straordinari racconti dei suoi viaggi, dall’altro manifesta un’apertura fuori dagli schemi nel mondo artistico della fotografia con l’unione di tecnica e di sensibilità, la curiosità verso le innovazioni e le sempre nuove tecniche d’espressione.
Sensibile, distratto e simpatico nel privato, Riboud è un metodico su lavoro, preciso e dettagliato. In ogni suo scatto ci mette tutto se stesso, vi traspone la sua passione per la vita, per il mondo che lo circonda. In questo differisce molto dall’ideologia di Bresson per cui la foto altro non è che la cattura di un attimo irripetibile. Per Riboud, la foto è un pezzo di una qualche storia da raccontare. E proprio da quest’ultima frase si evince il perché la sua sia una fotografia così potente, evocativa, delicata ma allo stesso tempo profonda e pregna di significato.
In ogni scatto di Ribaud è possibile vedere quanta importanza egli dia alla comunicazione attraverso la fotografia: l’incontro e la condivisione delle differenze culturali, il realistico orrore della guerra, il degrado delle culture repressive e l’analisi della vita quotidiana dell’uomo, in qualunque parte del mondo e situazione questi si trovi. Riboud ha inoltre sempre affermato di non poter cambiare il mondo, ma di poterci provare mostrandolo per quello che è, in tutta la sua realtà. Riboud è, come si definisce, il narratore della trasformazione e della memoria.
Marc Riboud nacque il 24 giugno 1923 a Lione in una famiglia numerosa, quinto di sette figli. Il padre era un banchiere con due grandi passioni nella vita: la fotografia ed i viaggi. Una peculiarità della famiglia Riboud, perché anche gli zii erano “affetti” dalle medesime passioni, così come lo stesso Marc.
Il suo primo vero incontro con il mondo della fotografia avvenne grazie ad un regalo ricevuto: nel 1937 ebbe in dono dal padre la sua vecchia West Pocket Kodak, adoperata dallo stesso negli della guerra per documentare la vita sul fronte. A Parigi, durante l’Esposizione Universale, Marc cominciò a scattare le sue prime foto.
Eppure la fotografia non sembrò essere il destino di Marc Riboud: dopo la morte del padre, decise di arruolarsi fra i partigiani durante la seconda guerra mondiale, tra il 1944 ed il 1945. Successivamente Riboud riprese gli studi, di ingegneria, nella città di Lione lavorando in contemporanea in diverse fabbriche locali finquando, nel 1951, la passione per la macchina fotografica e i viaggi cominciarono a prendere il sopravvento. Fu il 1952 l’anno cruciale per la sua carriera da fotografo in quanto ebbe modo di entrare in contatto con Henri-Cartier Bresson, incontro propedeutico alla definitiva uscita dal mondo del lavoro per dedicarsi alla fotografia (quale free-lance).
Nel 1953 entrò di diritto tra i fotografi della Magnum Photos per rimanerne un fotografo ufficiale fino al 1979.
Il suo primo reportage fu realizzato in un villaggio a Tignes per Life, nel quale immortala un imbianchino in posa da funambolo fra le travi della torre Eiffel. Si stabilì successivamente, per sei mesi, a Londra dove documentò lo sciopero degli scaricatori di Liverpool per poi spostarsi in Spagna dove fotografò i sostenitori di Franco nel 1958. Si sposò con una scultrice, Barbara Chase, nel 1961 dalla quale ha avuto due figli e dalla quale divorziò nel 1981.
L’ancora sopita passione di famiglia per i viaggi esplose all’improvviso, portando Marc Riboud letteralmente in giro per il mondo. Venne ricevuto quale primo fotografo occidentale nella Cina di Mao Zedong dove per due anni documentò la dura realtà della vita contadina. Visitò in largo ed il lungo l’allora URSS e fu anche ricevuto a Cuba da Fidel Castro (1963).
Nel 1967 Ribaud prese parte a diverse manifestazioni contro la guerra in Vietnam. In una di queste, svoltasi davanti al Pentagono, scattò la celebre foto che divenne uno dei più importanti manifesti del pacifismo internazionale: “Jeune fille à la fleur”, l’immagine di una ragazza che offre un fiore ai soldati con i fucili spianati.
L’anno successivo si recò direttamente in Vietnam (1968-1976) dove rimase per ben nove anni, a documentare l’orrore della guerra. Rientrato in patria, nel 1979, uscì dalla Magnum Photo non condividendone più la filosofia, essendosi reso conto che un reportage non può essere un puro e semplice documentario privo di umanità.
Negli anni successivi Marc Roboud vinse diversi premi tra cui due volte l’Overseas Press Club Award ed il Lifetime Achievement Award, divennne membro onorario della Royal Photographic Society ed espose a Parigi, New York, Ginevra, Singapore e Zurigo.
Il fotografo è morto, nella sua Francia, lo scorso 30 Agosto del 2016.