Le distorsioni ottiche sono effetti differenti dalle aberrazioni ma alla loro stregua apportano delle modifiche non volute (e non gradite) sulle nostre fotografie. Buona parte delle distorsioni è legata alla struttura della lente ovvero alla loro forma parzialmente sferica che provoca l’incurvamento delle linee traversali di un’immagine dovute al differente percorso che le differenti lunghezze d’onda devono percorrere per giungere al punto focale.
Le due distorsioni più famose sono le distorsioni a cuscinetto e a barilotto, senza però dimenticare la curvatura di campo, il coma, l’astigmatismo e l’effetto diffrazione.
Le distorsioni: La Coma
Questo tipo di distorsione è legata al fatto che in un sistema ottico convergente (quindi la lente sferica che fa convergere i raggi verso l’asse focale) i raggi di luce extra-assiali vengono focalizzati su differenti piani: questo crea sulla fotografia degli anelli luminosi. Anelli luminosi che tendono in parte a sovrapporsi creando di conseguenza un artefatto luminoso che ricorda alla lontana una cometa, da cui il termine coma (coma è il termine greco che indica la coda della cometa) . La coda della cometa può essere rivolta verso l’asse ottico (coma interna) o verso i bordi della lente (coma esterna).
Nell’immagine qui sopra è rappresentato questo fenomeno con i tre raggi (p’, p”, p”’) che generano tre cerchi luminosi leggermente sovrapposti: la forma è quella di una cometa.
La coma tenderà a diventare più marcata quanto più l’oggetto che intendiamo riprendere è spostato lateralmente rispetto all’asse del sistema. Indicando con A l’angolo che il raggio di luce proveniente dall’oggetto forma con detto asse, i raggi che passano per il centro dell’ottica che ha una distanza focale pari ad f verranno focalizzati alla distanza f*tan(A). Più è quindi grande quest’angolo più sarà quindi ampio questo problema.
La coma, essendo legata alla curvatura della lente, si riduce impiegando lenti asferiche anche se mai sarà possibile giungere ad una soluzione definitiva: esistono delle coma particolarmente complesse da eliminare (fino al terzo ordine sono gestibili) come la coma ellittica che genera degli anelli non circolari.
Le distorsioni: La curvatura di Campo
Un altro problema legato alla struttura sferica della lente è che i raggi luminosi (sempre per le differenti lunghezze d’onda) si focalizzano su di una superficie sferica piuttosto che piana. Superficie sferica chiamata in superficie di Petzval. Questa particolare focalizzazione è un’aberrazione di tipo monocromatica chiamata appunto curvatura di campo e che di solito si accoppia con l’astigmatismo.
Per misurare la curvatura di campo si usa il valore denominato somma di Petzval che altro non è se non il raggio di curvatura della superficie sferica. Questo valore può essere positivo o negativo a seconda che la superficie sia concava o convessa. Più la somma di Petzval è piccola migliore è l’obiettivo e MA non è possibile utilizzare delle lenti totalmente diritte (quindi con valore della somma pari a zero) in quanto andremmo ad introdurre un ulteriore difetto, l’astigmatismo: in fase di progettazione di una lente bisognerà trovare un compromesso tra i due difetti che, purtroppo, non potranno mai essere annullati del tutto in contemporanea.
La curvatura di campo si può correggere introducendo astigmatismo, quest’ultimo è particolarmente complesso da correggere.
Le distorsioni: L’Astigmatismo
L’astigmatismo dei fasci obliqui, il cui valore è direttamente legato alla curvatura di campo, è funzione di:
- Forma della lente;
- Posizione del punto oggetto;
- Diaframma.
- profondità di campo (più è alta, più si riduce l’astigmatismo)
Qualunque oggetto posizionato perpendicolarmente all’asse ottico della lente crea due superfici immagine curve invece di un solo piano immagine.
Nella figura di sopra è rappresentato l’astigmatismo dei fasci obliqui quale diretta conseguenza della curvatura di campo. Il cono di raggi che interseca la lente genera una sezione ellittica. I raggi sagittali generano il fuoco tangenziale mentre i raggi tangenziali generano il fuoco tangenziale. Come si vede dalla figura, i raggi sagittali non focalizzano in un solo punto ma formano una linea parallela al piano sagittale. Anche i raggi tangenziali focalizzano su una linea che in questo caso è parallela al piano tangenziale.
Le due immagini derivanti, che appunto chiameremo immagine sagittale ed immagine tangenziale, sono il problema generato dall’astigmatismo: più sono “separate”più sarà marcato.
Passiamo ad un esempio, prendendo in esame un qualunque obiettivo. Nella curva qui di seguito sono riportate le variazioni di astigmatismo: sull’asse orizzontale è riportata la distanza dall’asse ottico mentre su quello verticale è riportato lo spostamento della messa a fuoco (millesimi di millimetro). La linea continua indica la messa a fuoco di un’immagine sagittale mentre la linea tratteggiata indica la messa a fuoco di un’immagine tangenziale. Come si vede, le due linee non sono sovrapposte: questo indica che l’obiettivo a cui fa riferimento la curva soffre di astigmatismo. Come detto prima, più questa differenza è marcata più sarà violento il problema del’astigmatismo.
La correzione dell’astigmatismo è particolarmente complessa e si può fare solo in fase di progettazione lente o aumentando in fase di scatto la profondità di campo. Inoltre un buon consiglio per evitare l’astigmatismo è quello di usare gli obiettivi per la loro destinazione d’uso: utilizzare obiettivi progettati per un formato molto superiore a quello che ci servirebbe per fare una determinata foto genera un calo di qualità in quanto l’astigmatismo viene accentuato. Questo accade perché, in fase di progettazione, si cerca di evitare astigmatismo ai bordi “sacrificando” un po’ la parte centrale. Peccato che usando obiettivi di formato superiore noi andiamo ad utilizzare proprio la zona centrale e quindi non beneficiamo della correzione sui bordi che avremmo se usassimo l’obiettivo corretto.
Distorsioni a Barilotto e a Cuscinetto
Esistono altre due distorsioni molto comuni e che vengono chiamate in gergo distorsione a barilotto e distorsione a cuscinetto per la deformazione che viene applicata all’immagine finale.
Queste due distorsioni creano un incurvamento delle linee trasversali dell’immagine dovuto alla differente distanza dei raggi di luce dal punto focalizzante. La distorsione a cuscinetto è la curvatura delle linee trasversali verso il centro mente la distorsione a barilotto è la distorsione delle linee trasversali verso l’esterno della scena.
La curva che rappresenta queste distorsioni è rappresentata nella figura di sotto. Sull’asse orizzontale vi è la distanza dal centro dell’immagine (in millimetri) mentre sull’asse verticale è riportata la “dimensione” della distorsione calcolata quale percentuale dell’altezza dell’immagine. Linea piatta significa quindi distorsione nulla mentre più la linea si incurva, più la distorsione è evidente. Valori negativi (il grafico di sotto) indicano distorsione a barilotto. Valori positivi distorsione a cuscinetto.
Queste due distorsioni, in generale, sono ben corrette negli obiettivi moderni se si escludono i moltiplicatori di focale ed alcuni telezoom. Nulla si può fare per correggere questa distorsione se non intervenire in post produzione (ma anche lì, poco si può fare). Occhio quindi quando si compra un obiettivo: informarsi sempre prima.
Vignettatura e Caduta di luce
L’ultimo tipo di distorsione che andiamo ad analizzare è quella relativa alla caduta di luce e della vignettatura: tutti i sistemi ottici non hanno una illuminazione uniforme ma tendono ad avere una riduzione di luminosità sui bordi delle lenti, da cui il nome di caduta di luce. Questo fenomeno è direttamente legato alle leggi dell’ottica geometrica e non è legato alla qualità costruttiva dell’obiettivo: è un problema che si avrà sempre. In aggiunta, più è corta la focale più questo fenomeno sarà evidente e può raggiungere anche i due stop (in termini di esposizione) tra centro e bordi. In generale, possiamo dire che questa caduta di luce è data dalla formula cos4 A essendo A l’angolo tra il raggio di luce ed il piano focale. Nel grafico di seguito, viene riportata la caduta di luce (oltre che l’effetto vignettatura) relativa ad un particolare obiettivo e con f/1,4. Sull’asse orizzontale sono riportate le distanze dall’asse ottico mentre sull’asse verticale è riportata la caduta di luminosità espressa in valori di diaframma.
Come detto in precedenza non è possibile fare granché per risolvere il problema della caduta di luce e della vignettatura, ma esistono dei filtri digradanti centrali (center filter) ovvero trasparenti ai bordi e più scuri al centro: grazie ad essi si compensa la caduta di luce ed anche la vignettatura. Ovviamente esiste un center filter per ogni singolo obiettivo.
Veniamo infine alla vignettatura ottica che è una estremizzazione della caduta di luce: il diametro del fascio di raggi che colpisce l’obiettivo obliquamente è più piccolo del diametro di un fascio di raggi che invece colpisce l’obiettivo perpendicolarmente. Questo si traduce in una minore brillanza legata ai fasci obliqui e questa riduzione sarà tanto più accentuata quanto maggiore sarà la distanza del punto-immagine dall’asse ottico.
Nella foto di sotto un esempio di vignettatura con una fortissima caduta di luce agli angoli della fotografia
Questo tipo di vignettatura è, ribadisco, ottica e non ha nulla a che vedere con la vignettatura meccanica data da impedimenti fisici (quali un parasole) o dalla vignettatura digitale che è causata dalla profondità dei pozzi fotonici che catturano la luce.
I Flare
I Flare non sono delle vere e proprie distorsioni bensì dei riflessi parassiti che possono generarsi nelle nostre immagini. Possono variare da un effetto appannamento dell’immagine (nelle riprese in controluce) fino a delle palle di luce presenti nelle fotografie.
Un raggio di luce che colpisce una lente viene in parte rifratto ed in parte riflesso. La parte di luce riflessa fisicamente non giunge al sensore, quindi è luce “persa”: ne deriva una riduzione di luminosità. Inoltre, a causa delle riflessioni interne del sistema ottico in uso, si ha una perdita di nitidezza (l’effetto nebbia) in quanto dentro l’obiettivo viaggia un eccesso di luce (quella ottenuta dalla riflessione interna, appunto) che non è utile alla definizione dell’immagine ma che, al contrario, riduce il contrasto. E questo fenomeno è tanto più valido quanta più luce facciamo entrare nell’obiettivo, con una estremizzazione nelle foto in controluce fatte con obiettivi a più elementi e lunghi, quali i tele zoom.
Questa è la formula di perdita di energia luminosa P:
P=[(v-a)/(v+a)]x[(va)/(v+a)]x100
Essendo A l’indice di rifrazione dell’aria e V l’indice di rifrazione del vetro.
Per fare un esempio, se consideriamo un A=1 e V=1,5 ed un obiettivo ad una sola lente, otteniamo una perdita di energia del 4%. Aumentando le lenti aumentiamo quindi la perdita di energia in maniera decisamente drastica.
Ovviamente anche qui la tecnologia ci viene in aiuto: esistono delle sostanze chimiche in grado di ridurre l’indice di rifrazione della lenti e permettere di ottenere delle perdite di energia luminosa inferiori quasi al 50% rispetto alle lenti non trattate.