Cominciamo oggi a pubblicare una serie di 5 articoli sul tema dell’etica nella fotografia. Un tema sicuramente molto complesso e difficile da affrontare, ma che sempre di più sta accedendo i dibattiti tra i fotografi, soprattutto con l’avvento di tecniche di modifica digitale sempre più sofisticate.
Quando il mondo vide le primissime fotografie, l’idea di poter catturare il mondo così come la vediamo iniziò rapidamente a diffondersi. In un periodo relativamente breve , la fotografia cinematografica si è evoluta dalla fotografia in bianco e nero a quella a colori. Da lì, è stato possibile realizzare una quantità enorme di film, permettendoci di vedere il mondo dai nostri divani a casa. Quando fu inventata la prima fotocamera digitale, ben poco si immaginavano gli inventori di quale sarebbe stata la rivoluzione nel mondo della fotografia e dei media in generale. Oggi miliardi di immagini vengono catturate e condivise tra persone e il numero di dispositivi atti a catturare immagini cresce a un ritmo rapido e inarrestabile. Ci sono fotocamere letteralmente ovunque – nei nostri telefoni cellulari, case, computer, automobili e persino in dispositivi indossabili come occhiali da vista e orologi. Confidiamo in questi dispositivi per darci un assaggio della realtà, momenti documentati che possiamo tornare e rivedere quando vogliamo.
Eppure con la rapida crescita, la facilità di accesso e l’uso degli strumenti di manipolazione di immagini e video, abbiamo visto una quantità sempre crescente di filmati che possono distorcere la realtà: se guardiamo le copertine di riviste popolari, i siti Internet o i media, le immagini che vediamo sono sempre più “particolari”, sempre più simulate. Immagini in cui cominciamo a perdere fiducia. I media si sono rivelati un potente strumento per influenzare e manipolare le persone, il che solleva la questione e l’importanza dell’etica nella fotografia.
Si dovrebbe consentire alla fotografia di mostrare la realtà o è accettabile modificare le immagini per scopi di presentazione? E se la manipolazione è accettabile, quali sono i suoi limiti, se ce ne sono? Sono domande molto difficili a cui rispondere, ma con un po’ di buon senso, possiamo creare una serie di regole e linee guida che dovrebbero aiutare i fotografi a determinare cosa è accettabile e cosa no.
Ovviamente noi non vogliamo approfondire la discussione sull’etica nei media, poiché è un argomento di dimensioni immani e non realmente legato alla fotografia. Ciò che vogliamo fare è semplicemente mettere l’accento su come l’etica può midificare la percezione della fotografia e il suo modo di prensentarla al mondo.
Il furto di immagini
Con miliardi di fotografie disponibili su tutto il mondo, non è raro vedere non solo le persone, ma anche le aziende che utilizzano il lavoro di altre persone a proprio vantaggio.
In alcuni casi, il furto è palese, con immagini usate senza permesso. In altri casi, le immagini vengono “prese in prestito” per essere alterate e manipolate per creare qualcosa di diverso. Non importa come sia fatto, il furto è sempre un furto e non dovrebbe mai essere approvato in nessuna forma. Come ti sentiresti se qualcuno rubasse le immagini che pubblichi su una piattaforma di social media come Instagram, le stampi e le vendesse per migliaia di dollari senza condividere i guadagni con te? Pensi forse che ciò non sia mai accaduto? Allora vuol dire che non hai mai sentito parlare di Richard Prince: diventato “famoso” per aver creato una vera e propria galleria di immagini Instagram, copiate dai profili delle persone comuni (come noi) e vendute a migliaia di euro.
. Si potrebbe obiettare che “ripropone” alcune delle immagini scattate da altre persone e questo può essere vero in alcuni casi in cui trasforma significativamente un’immagine in qualcosa di completamente diverso. Il problema è che la sua arte è parecchio “borderine”, in quanto il fotografo non chiede il permesso di pubblicare l’immagine al suo proprietario, così come non dichiara nelle sue opere che il suo lavoro è basato sull’idea o sulle immagini di qualcun altro. Ed ovviamente non divide i proventi della vendita di queste immagini. Ovviamente Richard Prince non fa questo al di fuori della legge: il suo lavoro è sicuramente eticamente non corretto, ma legalmente rispetta (almeno in USA) tutte le leggi vigenti.
Plagio
Che dire delle situazioni in cui un fotografo prende in prestito l’idea e la prospettiva di un altro fotografo per ottenere uno scatto molto simile, se non identico?
Questo è argomento principe di interminabili dibattiti, in grado di innescare discussioni infinite. Come fotografi, spesso abbiamo le nostre conoscenze, abilità ed esperienze per creare qualcosa di unico che non è mai stato fatto prima, almeno per quanto ne sappiamo. Potrebbe trattarsi di trovare un soggetto, un angolo, una composizione, un posizionamento o un uso specifico di colori e toni per creare qualcosa di originale. È accettabile ri-catturare tali immagini, prendendo ispirazione dall’autore originale? E se è accettabile, dovrebbero essere chieste le autorizzazioni e riconoscere il credito (per esempio nelle note della foto)? Penso che la risposta dipenda da una serie di fattori. Se un’immagine viene copiata esattamente uno a uno, usando lo stesso angolo, prospettiva, composizione, soggetto e colori e quindi rendendola identica alla fonte, allora è un chiaro segno di plagio e non dovrebbe mai essere accolta con favore dalle persone.
Tuttavia, ci sono alcune eccezioni. Ad esempio, nella fotografia di paesaggio, ci sono situazioni in cui un fotografo può trovare e divulgare un luogo unico in cui determinati angoli e forme funzionano molto bene. Nel corso della storia, ci sono state molte di queste immagini – ad esempio, Ansel Adams ha reso il fiume Snake molto popolare nel Grand Teton National Park:
Da quando quella foto è stata pubblicata, migliaia di immagini sono state scattate con una prospettiva e un angolo molto simili da altri fotografi. Significa che dovrebbero accreditare la fonte ogni volta? Questa è una domanda difficile quando si tratta di etica, perché i paesaggi cambiano continuamente e se un fotografo riesce a catturare un’immagine in un modo, le possibilità di catturare un’altra immagine con esattamente la stessa luce, la formazione di nuvole, la vegetazione e il colore sono abbastanza difficili, anche se viene usata esattamente la stessa composizione. Nel caso della foto sopra di Ansel Adams, dal momento che ha catturato il colpo al Grand Tetons, molti alberi sono cresciuti o caduti, il fiume ha cambiato leggermente la sua forma, le nuvole si dispongono sempre in modo differente nel cielo. Significa che altri fotografi non dovrebbero realizzare lo scatto con una composizione simile? Personalmente credo che sia perfettamente accettabile catturare immagini di luoghi popolari, purché il fotografo non stia deliberatamente cercando di fare una replica esatta dello scatto dell’autore originale, con l’intento di copiarlo. Ovviamente, se qualcuno ha modificato gli alberi per assomigliare esattamente a quelli dello scatto originale di Ansel Adams, lo ha trasformato in bianco e nero con le stesse proporzioni, sfumature simili e formazioni nuvolose, allora si può parlare di plagio deliberato.
Tuttavia, la fotografia di paesaggio è qualcosa di “differente” quando si tratta di plagio. Completamente differente è il concetto di plagio in altri tipi di fotografia, come la ritrattistica e la fotografia di moda. In questi ambiti, il numero di fotografi che hanno fatto da “ispiratori” ad altri fotografi è impressionante, con tantissime immagini realizzate nel medesimo modo, tanto da rendere molto ma molto dubbia l’etica del fotografo stesso (soprattutto se si omette qualunque riferimento alla foto originale, dalla quale si è presa l’ispirazione).
Purtroppo, nel mondo dei social media, il plagio è quasi inevitabile. I fotografi rubano continuamente idee ad altri fotografi e alcuni fanno anche un ottimo lavoro, spesso riuscendo più dell’autore originale. Non c’è nulla di etico in ciò che fanno e scoraggerei tutti i nostri lettori dal ripetere gli stessi errori. Certo, il vantaggio in termini economici può essere anche tangibile, ma a livello di etica, di conoscenza del nostro nome, la situazione è ben diversa.
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