La fotografia è un mezzo in continua evoluzione, giorno dopo giorno e va a pari passo con l’evoluzione tecnologica. Solo due decenni fa sembrava completamente impossibile scattare fotografie senza bisogno di pesanti reflex, rullini, camere oscure, carta fotografica, flash esterni (in passato si utilizzavano addirittura dei flash usa e getta). Al giorno d’oggi invece, il digitale sembra a molti l’unica soluzione possibile e sono davvero poche le persone che continuano o tornerebbero a scattare con una macchina fotografica analogica a rullino. E’ questo l’inizio del declino della fotografia?
Cos’è cambiato da allora? Semplicemente, la fotografia, ha subìto un processo di graduale democratizzazione, in cui è passato da essere un mezzo per pochi “talentuosi eletti”, ad essere un mezzo “di massa”, accessibile e sfruttabile da tutti, anche dai più piccoli. La digitalizzazione ha portati molti vantaggi tra cui riduzione dei costi, dei pesi, e del numero di scatti rovinati e irrecuperabili.
Tutto questo processo, però, potrebbe portare ad un risvolto della medaglia che non tutti considerano di solito: questo potrebbe snaturare la vera essenza e l’importanza della fotografia, portare al declino della fotografia. Magari ognuno di noi sarà così abituato a vedere fotografie di ogni tipo, giorno dopo giorno, sui social network, fino al punto in cui il nostro cervello non immagazzinerà più correttamente gli scatti più significativi che visualizziamo e che non ci farà cogliere il vero significato di ciascuna foto. La domanda è quindi questa: sarà in grado, la mente umana, di farsi ancora sorprendere e impressionare da alcuni particolari scatti, visto che sarà ormai completamente “assuefatta” dal vedere foto di ogni tipo tutti i giorni? Personalmente, spero di sì.
Erik Kessels, artista Olandese molto interessato alla fotografia, nell’ormai lontano 2011, tentò un esperimento: un giorno raccolse per 24 ore di seguito TUTTE le foto caricate sulla piattaforma fotografia Flickr (attenzione, Flickr è una specie di social network basato esclusivamente sulla fotografia, in cui ci sono molti utenti che distinguono tra “vera fotografia” e foto “casual” tra cui selfie, scatti di famiglia ecc… se l’esperimento fosse stato effettuato su Facebook o Instagram, l’esito sarebbe stato ancora più “disastroso”) e le stampò su carta fotografica. Il risultato fu davvero impressionante: Kessels potè riempire interi pavimenti di fotografie stampate e ne rimanevano ancora altre.
Stiamo parlando del 2011 mentre, attualmente, probabilmente si sarebbero viste ancora più fotografie, visto il progredire di accessori tecnologici che permettono di scattare fotografie (action camera, smartphone, tablet, smartwatch, fotocamere compatte e reflex). Immaginiamo poi, se questo esperimento fosse fatto su più piattaforme di condivisione social. Un vero e proprio disastro, molto più probabilmente di un semplice declino della fotograifa.
Il declino della fotografia: come la fotografia ci influenza
Ciascuna fotografia, in base al soggetto di cui parla, ci può influenzare a suo modo, mostrandoci la realtà così com’è in realtà e così com’è percepita da chi l’ha scattata. Ciascuna fotografia, infatti, ha almeno tre variabili principali: il fotografo, il soggetto e colui che guarda la foto, lo spettatore finale. Tutti e tre questi elementi, hanno il loro ruolo in quello che è il fine della fotografia: esprimere qualcosa.
Probabilmente, l’eccesso di contenuti visuali di cui siamo bombardati ogni giorno, ci ha resi meno “impressionabili” e suscettibili quando un’immagine con un forte significato viene presentata davanti ai nostri occhi. Ogni giorno memorizziamo decine, centinaia di nuove immagini e gradualmente cancelliamo le altre che avevamo in mente, probabilmente anche le più importanti, come parte di un processo lento, graduale e forse inesorabile.
Pensiamo alle foto di guerra e di altri importanti avvenimenti: queste fotografia hanno impressionato le generazioni prima di noi, forse anche noi stessi, ma impressioneranno nello stesso modo i nostri figli e i nostri nipoti? Questo non è un problema che può risolvere l’evolversi della tecnologia, ma può essere risolto solo con un cambiamento della “coscienza e conoscenza personale”, nonché con un netto cambiamento delle abitudini, verso altre che ci permettano di dividere foto “comuni” dalla “vera fotografia” che davvero è in grado di impressionare e raccontare.
Quando si guarda una foto, bisogna evitare distrazioni, bisogna evitare di guardare e scorrere delle immagini troppo velocemente o potremmo effettuare errori di lettura oppure non leggerle praticamente per nulla, limitandoci ad un rapido e quasi insignificante impatto visivo.
Una cosa è quasi certa: le foto stampate, cartacee, ci possono influenzare di più di quelle presenti su uno schermo, in quanto ci portano di più a fissarle, ragionare, senza essere distratti dal contorno. Il potenziale c’è, sta a noi capire come sfruttarlo.
Non è necessario effettuare per forza importanti e pesanti analisi psicologiche di ciascuna foto e di ciascun fotografo ma, sicuramente, l’iniziare a ragionare con mente critica, ci può permettere di analizzare i lavori (nostri e altrui) per migliorare anche noi stessi e il nostro modo di scattare, grazie al fatto che apprenderemo dai nostri errori o da ciò che ci piace e non ci piace nelle foto altrui.
Se ognuno di noi provasse a sviluppare questa sensibilità, questa mentalità, potremmo poi iniziare a “diffondere la voce”, magari stampando qualche nostro scatto o qualche scatto di nostro gradimento, analizzandolo insieme ad altre nostre conoscenze, così da poter incrociare i risultati e capire cosa c’è di giusto o di sbagliato in ciascuno scatto secondo varie “mentalità” e vari modi di vedere ed interpretare la foto. In questo modo, aiuteremmo noi stessi a migliorare e, al tempo stesso, aiuteremmo altre persone a sviluppare nuovamente quella sensibilità che, nel mondo attuale, inizia a farsi sempre più flebile. E a bloccare il declino della fotografia.
Articolo molto interessante a mio parere.
Trovo che al giorno d’oggi la parola “fotografo” sia inflazionata in un modo assurdo.
Chiunque, in possesso di un apparecchio atta alla ripresa fotografica, si ritiene fotografo.
E stando alla mera indicazione del nome, potrebbe anche starci.
Ma cosa è un Fotografo?
Il Fotografo, sia esso Professionista, Amatoriale o Artista, utilizza il mezzo a sua disposizione creando un messaggio che passi alcune informazioni. Lo fa a “suo gusto”, vale a dire sulla base delle sue esperienze visive, sulla sua “cultura fotografica”, sulle sue competenze acquisite.
Pertanto quando realizza una fotografia, (sia essa in digitale, in analogico, realizzata con un Banco Ottico, con una reflex ultra moderna o con una scatoletta di tonno ed uno spioncino) lo fa cercando di riassumere ed esporre un suo personale concetto, un punto di vista sul mondo e sulla società.
Purtroppo però oggi sono “tutti” fotografi. Giudicano senza sapere qual’è la differenza tra una foto Buona, una foto Bella, una foto tecnicamente perfetta, ecc.
Il concetto che prevale oggi per la stragrande maggioranza è: “ma perché non è tutto a fuoco ed hai messo a fuoco solo gli occhi?”, “non si riesce a vedere bene la grana della pelle!”, “eh, ma questi colori sono troppo smunti, dovresti fare un HDR o aumentare la saturazione!”…. e così via.
Molti non sono nemmeno a conoscenza di leggi/regolamenti riferiti alla perfetta comparazione tra colore ripreso in immagine e colore effettivo del capo (Fotografia di moda e abbigliamento e manualistica).
Non considero la Fotografia come un mezzo elitario destinato a pochi, anzi, tutt’altro. Il digitale ha permesso la fruizione di tale mezzo a chiunque e ne sono contento. Ma, esattamente come per altri settori, quello che è male è il credere di saperne sempre più degli altri. Ad oggi siamo tutti Virologi, Ingegneri, Economisti, Allenatori, ecc. ecc, pur avendo solo una cultura di tipo nozionistico. Conosco molto pochi Fotografi, diplomati in Fotografia, con un percorso di studi appropriato e con una cultura artistica, tecnica, sociale, storica veramente adeguata. In compenso conosco una marea di tuttologi da chiedersi come mai non abbiamo ancora colonizzato l’universo intero con questa larga parte di Cervelloni.
Grazie per questo articolo.
Spero che la cultura cambi e che la gente ritorni a “Guardare” e non soltanto a “Vedere”.