Esistono tutta una serie di azioni che un fotografo naturalista può compiere per migliorare le sue fotografie ed una di queste, spesso sottovalutata o non compresa da molti fotografi (specie alle prime armi) è usare un filtro polarizzatore. Come abbiamo già visto nell’articolo sui filtri, un filtro polarizzatore ha alcune peculiarità molto interessanti come permetterci di oscurare il cielo (accade spesso che sia troppo chiaro, magari per la presenza di foschia), eliminare i riflessi dall’acqua, eliminare brillantezza dalle foglie (sarebbe innaturale) e migliorare la saturazione dei colori.
Nelle due fotografie di sopra, notiamo come il tavolino (alla pari di acqua) riflette il tendaggio facendo quasi scomparire il libro posto nella parte bassa a sinistra. L’uso del polarizzatore, nella foto di destra, ha attutito pesantemente i riflessi, permettendo al libro di essere fotografato senza problemi. Notare anche il pavimento a sinistra: nella foto con polarizzatore viene mostrato attraverso il vetro, mentre nella foto senza polarizzatore si “interrompe” al cominciare del tavolino.
Così come con ambienti interni, il filtro polarizzatore fa la sua figura in esterno. L’esempio più classico è quello del cielo: scattare una foto con il polarizzatore dinanzi al nostro obiettivo ci permetterà di ottenere un cielo più scuro. Il motivo è presto detto: la luce del sole, passando attraverso l’atmosfera, si riflette sulle minuscole goccioline di acqua sospese nell’atmosfera stessa, incrementando la luce “dal basso” e di conseguenza rendendo più chiaro l’azzurro del cielo.
Occhio all’angolo di scatto, soprattutto quando fate fotografie ad oggetti riflettenti: il filtro polarizzatore (vedremo meglio nel seguito dell’articolo) funziona in modo differente in funzione dell’angolo rispetto alla fonte luminosa. Se ci posizioniamo perfettamente perpendicolari alla fonte luminosa stessa, la “polarizzazione” sarà decisamente minore se, al contrario, ci poniamo parallelamente alla fonte luminosa (nel caso del tavolino di prima, se ci ponessimo perpendicolarmente alla luce, continueremmo a vedere il riflesso).
Ma come funziona un filtro polarizzatore? Per poter comprenderne il funzionamento, dobbiamo fare un passo indietro e tornare ad un paio di nozioni di ottica.
Tutti sappiamo che la luce è composta da fotoni. Queste particelle non sono altro che radiazioni elettromagnetiche che si diffondono nell’atmosfera. La radiazione elettromagnetica si propaga “oscillando”. L’oscillazione avviene nelle tre direttrici fondamentali, il che permette ai fotoni (e quindi alla luce) di propagarsi nello spazio.
Con il termine polarizzazione si indica la direzione nella quale avviene l’oscillazione: i fotoni, da elementi complessi quali sono, oscillano in una qualunque direzione perpendicolare alla direzione nella quale avanzano, il che rende il fascio di luce non polarizzato.
Al contrario, quando tutti i fotoni oscillano nella stessa direzione, il nostro fascio di luce diviene polarizzato.
La luce che è presente nella nostra atmosfera è non polarizzata o parzialmente polarizzata a causa della presenza di goccioline d’acqua sospese o di polvere. Questi corpuscoli diffondono o riflettono la luce creando un effetto visivo che nella realtà si traduce in un nell’osservare un cielo azzurrino piuttosto che blu scuro.
Veniamo ora al nostro filtro polarizzatore. Questi non è altro che un vero e proprio filtro (avete presente uno scolapasta, ecco, è un “lontano parente”) la cui parte fondamentale è una griglia composto da molecole molto lunghe ed orientate tutte nello stesso senso. Queste molecole non sono altro che delle barriere per la luce: se un raggio luminoso è parallelo al loro orientamento, potrà passare. Altrimenti verrà respinto. L’effetto è che, alle spalle del filtro, avremo esclusivamente raggi luminosi “polarizzati” secondo la matrice imposta dal filtro polarizzatore stesso. Nel disegno di seguito la schematizzazione di quanto detto: il filtro fa passare esclusivamente la sinusoide rossa in quanto la polarizzazione del fascio di luce che schematizza è la stessa delle molecole formanti la griglia del filtro.
Come si può ben capire, il filtro taglia un po’ di luce (le componenti non polarizzate). Normalmente quando si una un filtro polarizzatore in fotografia bisogna ricordarsi di compensare l’esposizione (se serve) di almeno uno o due stop (la quantità di luce persa).
Per maggiori dettagli circa i differenti tipi di filtri disponibili sul mercato vi rimando all’articolo: il filtro polarizzatore.
Torniamo ora alla polarizzazione in senso generico e andiamo ad approfondire alcuni aspetti fondamentali che dobbiamo tenere a mente quando usiamo un filtro polarizzatore dinanzi al nostro obiettivo, in particolare la polarizzazione per riflessione su superfici.
Quando un raggio di luce non polarizzato colpisce una superficie che non sia fatta di metallo, questa subisce una polarizzazione parziale in funzione dell’angolo di incidenza. In particolare, la componente dell’onda il cui asse di polarizzazione è perpendicolare alla superficie ha una riflessione maggiore rispetto alle componenti con angolo differente. La componente dell’onda il cui asse di polarizzazione è parallelo al piano di incidenza, al contrario, avrà una riflessione minore.
Per tutti i materiali, inoltre, esiste un particolare angolo di incidenza della luce rispetto al piano di riflessione al quale si ottiene una riflessione quasi totale: quest’angolo è chiamato angolo di Brewster. Per fare un esempio, il vetro ha un angolo di Brewster pari a 58° mentre l’acqua e 53°. Sapere l’angolo di Brewster, o meglio esserne a conoscenza è fondamentale per un fotografo: se nel fotografare uno specchio d’acqua ci poniamo proprio nella direttrice del raggio riflesso polarizzato (quindi anche noi dobbiamo formare un angolo, tra l’asse dell’obiettivo e la superficie d’acqua, di 53°) e poniamo un filtro polarizzatore dinanzi all’obiettivo, possiamo ridurre quasi del tutto questa luce riflessa. E’ il caso del tavolino della prima foto: nello scatto di destra siamo prossimi all’angolo di Brewster ed il riflesso proveniente dal vetro è drasticamente ridotto. Se scattassimo un’altra foto inclinando leggermente la macchina fotografica, potremmo ulteriormente ridurre i riflessi fino, appunto, quasi a cancellarli totalmente.
Tenete sempre a mente l’angolo di Brewster quando scattate fotografie a oggetti riflettenti, inclusi i quadri coperti dal vetro: semplicemente muovendo la vostra fotocamera nella direzione della fonte luminosa(dotata di filtro polarizzatore) potete far “sparire” il vetro stesso (o meglio, gli effetti riflettenti del vetro) dal vostro scatto. In pratica, se l’illuminazione di un vetro arriva dall’alto, spostate la macchina fotografica verso il basso. Se arriva da destra, verso sinistra e così via: dopo un po’ di pratica dovreste essere in grado, in pochi movimenti e scatti, di determinare l’angolo di scatto giusto.