Le tecnologie sono in continua evoluzione, e così il loro uso e le possibilità che offrono.
Una tendenza interessante dell’ultimo periodo, che sta riguardando la fotografia, è quella che viene chiamata in-game photography. La possibilità, cioè, di scattare istantanee all’interno di un videogame, spesso attraverso l’apposita “modalità fotografia”, che permette di sospendere il gameplay vero e proprio e concede all’utente il tempo per godere dei panorami e degli scorci, così finemente, sempre più realisticamente, progettati.
Una sorta di paradosso, considerando che gli ambienti dei videogame sono privi dell’elemento alla base assoluta della fotografia, la luce (maggiori approfondimenti sul tema), che viene invece simulata artificialmente tramite i codici informatici che emulano gli effetti naturali.
Un trend apprezzato da gamers, ma anche da fotografi professionisti
Al contrario di quanto si potrebbe però pensare, alla virtual photography si stanno approcciando non solo i giocatori più incalliti, ma anche fotografi professionisti alla ricerca di avanguardie tecnologiche e nuovi stimoli.
La molla che certamente attrae i giocatori in questa spirale fotografica è il desiderio di imprimere un ricordo dell’esperienza di gioco, conservare istanti e ritratti dei protagonisti dell’avventura vissuta.
Per i fotografi, invece, non è da sottovalutare l’opportunità di poter immortalare soggetti impossibili nella realtà, o molto lontani geograficamente. Ma anche la possibilità di poter ritrarre un soggetto con le perfette condizioni di luce, senza dover tuttavia attendere ore e ore per il verificarsi dell’evento naturale.
Una corrente che avrà, senza dubbio, alcuni detrattori, ma che sta riscuotendo un discreto successo e che è stata inserita anche nel programma di una manifestazione importante nel settore come il RomeVideoGameLab.
Fotografia e gaming, una coppia di lunga data
Il ruolo della fotografia non è però nuovo nel mondo del gaming. Ne ha sempre fatto parte, anche se si è sempre trovata dietro alle quinte. Questa nuova modalità di fruizione ne ha cambiato la posizione, anzi l’ha moltiplicata, trovandole un posto anche nel prodotto finito e concedendole di diventare essa stessa uno dei fini ultimi dell’esperienza di gioco.
Ma da sempre, e tuttora, la fotografia gioca un ruolo fondamentale nei primissimi step che riguardano l’ideazione di un titolo di gioco virtuale. La fotografia stimola la creazione, pone le basi di partenza dalle quali si dipartono poi le evoluzioni che portano alle animazioni finali destinate a essere il cuore pulsante delle sessioni di gioco.
Elementi fondamentali, che sono i tratti distintivi di operatori gaming importanti come Starcasino, che fa parte del gruppo Betsson, uno dei marchi più popolari in Europa anche per la grafica e per la qualità dei titoli lanciati sul mercato a livello audiovisivo.
Un legame imprescindibile, insomma, che è riuscito a rinnovarsi negli anni e a trovare una nuova modalità di espressione. Una nuova arte, a disposizione di tutti.
La in-game photography diventerà un nuovo genere?
La risposta breve è: forse. La risposta lunga è un po’ più complicata.
È vero che la modalità fotografica sta diventando sempre più popolare tra i giocatori. Con l’aggiunta della modalità fotografica nei giochi, sempre più persone creano fotografie di videogiochi. Ma il genere non è ancora così ben definito.
Detto questo, la fotografia di videogiochi può diventare un genere a sé stante. Man mano che un maggior numero di giocatori esplorerà la modalità fotografica e creerà foto straordinarie, il genere diventerà più definito. Solo il tempo ci dirà se la fotografia di videogiochi diventerà un genere a tutti gli effetti come la fotografia di ritratto.
Perché la fotografia in game è così affascinante?
Sono molti i motivi per cui la modalità foto è così accattivante. Innanzitutto, permette ai giocatori di vedere il mondo di gioco in un modo nuovo. La modalità foto offre l’opportunità di mettere in pausa il gioco e di osservare da vicino l’ambiente circostante. Questo può aiutare ad apprezzare lo stile artistico del gioco o semplicemente a trovare nuove cose che prima non si vedevano.
Un altro motivo per cui la modalità foto è così affascinante è che permette ai giocatori di essere creativi. Con la modalità foto, si possono sperimentare diversi filtri e luci per creare foto uniche. È possibile ingrandire l’abbigliamento del proprio personaggio e scattare una foto di se stessi con una maglietta o un vestito elegante. È anche possibile utilizzare la modalità foto per raccontare una storia o trasmettere una determinata emozione. Le possibilità sono infinite!
In conclusione, è bello vedere che la fotografia viene abbracciata dalla comunità dei videogiochi. Ed è molto interessante vedere le opere d’arte che le persone creano in questi giochi.
Un po’ di storia della fotografia di gioco (o “in game photography”)
La fotografia di gioco, o qualcosa di molto simile a ciò per cui usiamo questo termine, esiste almeno dalla seconda metà degli anni Novanta. I personaggi di Donkey Kong catturavano la fata banana con una macchina fotografica; il gameplay di Pokemon Snap si basava sul fotografare i pokemon, The Sims suggeriva di catturare un momento memorabile per un album di famiglia; il pittore e artista multimediale Miltos Manetas esponeva i suoi primi screenshot e video di gioco a New York, Londra, Ginevra e Milano. Ma questa tendenza si è affermata all’inizio degli anni 2000, con il trionfo dei social network su Internet, la trasformazione di Steam in una piattaforma non solo per l’acquisto di giochi ma anche per la condivisione di screenshot e l’emergere di pubblicazioni online di media hipster che scrivono di giochi alla stregua della moda o dell’arte.
Il fatto che la fotografia in-game esista e sia probabilmente arte è stato proclamato dal giornalista tedesco Rainer Sigl in Videogametourism nel 2012. Per risolvere l’appassionata polemica che ne è scaturita, l’artista di Los Angeles Eron Rauch ha risposto a Sigl con un testo equilibrato, sostenendo che non può esistere un’opinione categorica sulla questione, ma spiegando anche quanto questo riecheggi la lunga storia del riconoscimento della fotografia tradizionale come forma d’arte (questo mezzo, emerso all’inizio del XIX secolo, non è stato preso sul serio dai principali musei d’arte fino alla metà del XX secolo). Rauch individua quattro categorie di fotografia (non solo di gioco), in base alle intenzioni dell’autore: vernacolare, amatoriale, artigianale e d’arte, che definisce come un’intenzione consapevole di entrare in dialogo con l’arte del passato e/o del presente.
Questo testo del 2013 di Seth Giddings, professore associato alla Winchester School of Art, solleva questioni più complesse. Qui la fotografia di gioco viene affrontata dal punto di vista della teoria dei media. Giddings studia le intricate connessioni tra la fotografia in-game e quella tradizionale: è chiaro che si tratta di simulazione, ma cosa viene simulato esattamente? Quali idee sulla base mediatica della fotografia vengono riprodotte nella realtà virtuale? E quali libertà sono consentite per la traduzione?
Tornando al momento dell’invenzione della fotografia, l’autore dimostra la differenza tra la tecnologia dello scatto e il concetto di essenza della fotografia, che proiettiamo avidamente (e incautamente) nel passato. Un’invenzione precede inevitabilmente la tradizione culturale della sua attuazione, e cambia anche mentre viene concettualizzata. Davanti al lettore appare una storia alternativa della fotografia, fatta di mutazioni, passi falsi, alternative non realizzate e marginalizzate (la fotografia come processo tattile, i raggi X).
Contrariamente alle credenze popolari sul valore della fotografia in-game per la sua somiglianza con la fotografia reale, Giddings è interessato soprattutto a queste anomalie, perché è grazie ad esse che la fotografia in-game diventa un vero e proprio sviluppo della tradizione fotografica, non una semplice riparazione.