Nell’articolo Il sensore fotografico ho parlato del cuore delle macchine fotografiche digitali: il sensore. Ed ho anche accennato al fatto che, sul mercato, esistano due tipologie di sensori: CCD (Charge-Coupled Device) o CMOS (Complementary Metal-Oxide-Semiconductor).
Introduzione
Entrambi i sensori CCD e CMOS furono entrambi inventati alla fine degli anni ’60 e ’70 (il fondatore della DALSA, il dott. Savvas Chamberlain, fu pioniere nello sviluppo di entrambe le tecnologie). Il CCD divenne dominante, principalmente perché forniva immagini di gran lunga superiori con la tecnologia di fabbricazione disponibile. I sensori di immagine CMOS richiedevano più uniformità e caratteristiche più piccole di quelle che le fonderie di wafer di silicio potevano offrire in quel momento. Solo negli anni ’90 la litografia si è sviluppata al punto che i progettisti han potuto ricominciare a presentare spingere sui CMOS.
Il rinnovato interesse per CMOS si basava sulle aspettative di riduzione del consumo energetico, integrazione fotocamera su chip e costi di fabbricazione ridotti dal riutilizzo della logica tradizionale e dalla fabbricazione di dispositivi di memoria. Il conseguimento di questi vantaggi nella pratica, offrendo allo stesso tempo un’elevata qualità delle immagini, ha richiesto molto più tempo, denaro e adattamento dei processi rispetto alle proiezioni originali suggerite, ma i sensori CMOS si sono uniti ai CCD come tecnologia mainstream e matura.
In ogni caso, il primo sensore ad essere stato creato è quello CCD, più facilmente realizzabile: Willard Boyle e George Smith lo realizzarono nel lontano 1969. In questo tipo di sensore, in soldoni, la carica elettrica generata sul sensore dai fotoni viene trasferita alla circuiteria tramite pochi “nodi di uscita”. Quindi è convertita in differenza di potenziale (parliamo di microvolt) ed infine esce dal sensore sottoforma di segnale analogico.
Nel caso del CMOS, invece, ogni singolo fotodiodo è accoppiato ad un convertitore (quindi l’energia viene subito trasformata in differenza di potenziale), riduttore di rumore, e circuiti di digitalizzazione. Ne deriva quindi che il segnale in uscita è di tipo digitale.
La tecnologia
Vantaggi e svantaggi delle due soluzioni
- Il CCD realizza un’immagine ad alta qualità rispetto al CMOS
- il CMOS è più suscettibile al rumore rispetto al CCD
- il CCD consuma parecchia energia rispetto al CMOS (circa 3 volte di più)
- Il CMOS, consumando meno, si surriscalda meno e introduce meno rumore dovuto alla temperatura rispetto al CCD
- il CCD è più costoso del CMOS
- il CMOS ha una complessità maggiore rispetto al CCD
Con il passare del tempo e l’avanzamento della tecnologia, i centri di ricerca delle grandi compagnie hanno continuato a migliorare in parallelo le due tecnologie: per i CMOS hanno puntato sulla qualità dell’immagine, per i CCD sul contenimento dei consumi. Il risultato finale è che, al momento, i due sensori sono equiparabili e utilizzabili senza alcuna differenza su tutte le macchine.
Sta infatti venendo meno quella che era la grande differenza che fino ad oggi si è vista: sensori CMOS su fotocamere consumer (le compatte) e sensori CCD su apparecchiature professionali o Reflex. Al momento, controllando cosa si trova sul mercato, esclusivamente i dorsi digitali usano il CCD come sensore in esclusiva (la resa cromatica è ancora leggermente migliore). Tutte le grandi marche (Nikon e Canon anche) stanno introducendo entrambe le soluzioni sul mercato.
Caratteristiche | CCD | CMOS |
Output del fotodiodo | carica elettrica | voltaggio |
Output del chip | voltaggio (analogico) | bit (digitale) |
Output della fotocamera | bit (digitale) | bit (digitale) |
Presenza di rumore | Bassa | Moderata |
Complessità del sensore | Bassa | Alta |
Gamma dinamica | Ampia | Moderata |
Uniformità | Alta | Da bassa a moderata |
Velocità raffica | Da moderata ad alta | Alta |
Precisione cromatica | Alta | Media |
Proviamo adesso ad analizzare alcune differenze sostanziali tra i due tipi di sensori.
CCD vs CMOS: il consumo
Come accennato in precedenza, il CMOS, per il suo schema realizzativo, ha un costo energetico inferiore rispetto ad un equivalente CCD: nel grafico di sotto viene riportata la differenza energetica nei differenti tipi di macchina fotografica.
Il minor consumo è definito dal fatto che trasferire una tensione (CMOS) non richiede potenza al contrario del trasferimento di una carica elettrica (CCD) dove deve essere mossa una massa. In più, a parità di canali del CMOS, al variare della sua dimensione non varia il consumo (ed i canali di uscita sono sempre costanti a meno che non si voglia spingere molto sulla già ottima velocità del processore). Nel caso del CCD invece, ad aumentare della dimensione aumenta il numero di elettroni da spostare e quindi aumenta il consumo energetico.
CCD vs CMOS: scarsa illuminazione
Nel caso di illuminazione fioca o scarsa, vince il CCD: l’amplificazione del segnale viene effettuata su tutti i segnali nello stesso momento mentre nel CMOS ogni segnale generato dal fotodiodo viene amplificato singolarmente (amplificatori mono pixel, in pratica). Ne deriva una maggiore precisione ed armonizzazione del risultato e quindi una foto con un po’ meno rumore nel caso del CCD.
Va anche aggiunto che gli amplificatori mono-pixel dei CMOS presentano un’ampiezza di banda limitata se confrontata a quelli dei CCD: la cosa è positiva in quanto, essendo in condizioni di scarsa luminosità il livello del segnale dell’illuminamento prossimo al livello del rumore di base del sensore stesso, il rapporto segnale/rumore del CMOS è migliore di quello del CCD che si traduce nella possibilità di impiegare ISO più alti.
I CCD, però, non avendo elettronica vicino ai fotodiodi, hanno una superficie fotosensibile maggiore: più luce catturata equivale a segnale elettrico più alto e quindi la necessità di un’amplificazione minore.
I CCD hanno anche un ulteriore grandissimo vantaggio: il pixel binning. In pratica è possibile “unire” quattro fotodiodi adiacenti per aumentare la sensibilità del sensore (di quattro volte, quasi). Questo si traduce ovviamente in una riduzione di risoluzione (di quattro volte) ma i risultati finali sono eccellenti in quanto un sensore CCD con il pixel binning attivo può fare foto con una luminosità ambientale drasticamente inferiore a quanto potrebbe fare un CCD o un CMOS. Questa tecnologia, costosa, è impiegata nei dorsi digitali.
CCD vs CMOS: velocità
Vincono decisamente i sensori CMOS: sono più veloci e permettono raffiche di foto più veloci. I sensori CCD hanno il problema di dover trasferire tutti i dati collezionati dai singoli pixel verso il convertitore (da carica elettrica a differenza di potenziale) l’amplificatore in modo da essere pronti a catturare una nuova immagine. L’amplificatore ed il trasformatore devono lavorare su una grossa mole di dati e questo ne inficia la velocità (l’amplificatore ed il trasformatore fanno insomma da collo di bottiglia). Nei sensori CMOS, invece, essendoci un convertitore ed un amplificatore per pixel, questi ultimi sono decisamente più efficienti in termini di velocità e non fanno da collo di bottiglia: ogni riga di fotodiodi può essere “letta” separatamente e memorizzata in quanto l’immagine è già pronta.
CCD vs CMOS: otturatore
I due sensori se la giocano alla pari anche se le strade seguite sono del tutto differenti. Il problema è ancora una volta legata alla velocità di trasferimento delle “immagini” dal fotodiodo: mentre infatti avviene il trasferimento, la luce continua a colpire i fotodiodi aumentando quindi la carica elettrica. Il risultato è quindi un tempo di esposizione più lungo di quanto vorremmo. Per risolvere questo problema, nel CCD sono stati creati dei canali di trasferimento (tecnologia ILT): si tratta di una sorta di fotodiodo sempre schermato dalla luce. Il fotodiodo illuminato trasmette istantaneamente la carica elettrica al suo limitrofo schermato che si occuperà del vero e proprio trasferimento. Durante questa fase, quindi, non subirà la luce e quindi la carica elettrica rimarrà costante. Lo svantaggio è la riduzione dell’area fotosensibile in quanto ogni pixel è diviso a metà: metà area esposta alla luce e metà schermata.
Nei CMOS, per risolvere il problema (comunque inferiore, per la maggiore velocità di trasferimento), si è introdotto un transistor per ogni pixel tra il fotodiodo e l’accumulatore della carica. Tradizionalmente, ogni pixel ha tre transistor: questo permette di massimizzare l’area esposta alla luce ma crea di contro l’effetto classico del rolling shutter presente in una foto come questa.
Il rolling shutter è un metodo fotografico in in cui un’immagine non è presa tutta nello stesso istante ma piuttosto effettuando una scansione verticale (o orizzontale) per linee di pixel dell’immagine stessa. Il Rolling Shutter entra però in contrasto con l’otturatore della macchina fotografica e l’effetto finale è appunto la creazione di distorsioni su oggetti in rapido movimento quale può essere la pala di un rotore.
CCD vs CMOS: artefatti luminosi
In alcuni casi può accadere che da una fonte molto luminosa si generi un’intera colonna di pixel bianca. In pratica gli elettroni in eccesso su di un fotosito si espandono a tutti i limitrofi impattando una colonna (accade di meno sulle righe essendoci, di lato ad ogni fotosito, il canale di trasferimento. Questo effetto è tipico del CCD e no è presente nei CMOS (dove tra i vari fotositi vi è una maggiore demarcazione dovuta alla presenza di altra elettronica).
Uno degli svantaggi principali per le applicazioni a lunga esposizione è il fenomeno “amp glow“. Questa è la luce diffusa causata dagli amplificatori su chip. Tutti i semiconduttori sottoposti a polarizzazione producono una piccola quantità di luce, attraverso lo stesso meccanismo con cui funziona un LED. Questa luminosità parassita viene facilmente superata sui sensori CCD riducendo la tensione fornita all’amplificatore su chip durante le lunghe esposizioni. I sensori CMOS hanno un’elettronica molto più attiva a bordo e di solito non possono essere spenti o messi in uno stato di bassa potenza durante la cattura dell’immagine. Di conseguenza, i sensori possono spesso saturarsi a causa della luminosità dell’amplificatore in pochi minuti. Anche quando si utilizzano esposizioni più brevi, si ottengono rumori di fotoni e rumore di lettura extra (se siete interessati ad ampliare le vostre conoscenze sul rumore, abbiamo una sezione apposita nel nostro corso di fotografia). Allo stato attuale della tecnologia, la luminosità dell’amplificatore può rappresentare uno svantaggio significativo per le applicazioni a lunga esposizione come l’astronomia.
CCD vs CMOS: esposizione parziale
Questa è direttamente legata al problema del rolling shutter e quindi è presente solo sui sensori CMOS: in alcuni casi ed a particolari velocità del flash, capita di fotografare solo una parte dell’immagine “in luce”, mentre l’altra rimane scura. Nelle macchine fotografiche attuali, questo effetto non si riesce a vedere a meno di prendere dei costosissimi dorsi in quanto l’otturatore (che si muove anche lui con tendine) è nettamente più lento del sensore CMOS stesso: il risultato visibile è la parte di sopra illuminata mentre quella in basso totalmente nera.