La Selfie mania è sicuramente uno dei trend più in voga negli ultimi anni e non sembra accennare a ridurre la sua popolarità. Certo, i selfie non sono un’invenzione degli ultimi tempi ma l’avvento prima del digitale e poi soprattutto degli smartphone ha fatto si che questo fenomeno si allargasse a macchia d’olio coinvolgendo giovani ed anziani, persone comuni e, soprattutto, personaggi famosi e pubblici.
Il selfie non è però solo pura e semplice fotografia: proprio gli smartphone, come detto probabilmente l’indiziato numero uno per la diffusione massiva di questa pratica, hanno introdotto la possibilità di ritoccare a volo le immagini catturare. Esistono centinaia di app che, scattata una foto, permettono di ritoccarla in maniera più o meno invasiva: filtri colorati, sfondi e via discorrendo. App che, sempre con un solo tocco, permettono di caricare i propri scatti sui social network più famosi al fine di condividerli con i propri amici o con il mondo, accompagnando il selfie stesso con un hashtag autoreferenziale.
Ed una volta resa “pubblico” il proprio autoritratto, ecco che si contano i mi piace, i retweet, i cuori…in una ricerca di affermazione, notorietà.
I selfie sono nati tra la gente comune: quante volte abbiamo provato a farci un autoscatto tentando di schiacciare il pulsante della nostra macchina fotografica facendo delle contorsioni degne di un circo. Ma sono stati portati alla fama da attori e cantanti, grazie alla complicità di social quali Twitter ed Instagram, dove i personaggi pubblici hanno la possibilità di raggiungere milioni di fan con appena un paio di click.
Ma i selfie, gli autoritratti del XXI secolo, non si sono limitati a questa categoria di personaggi ma sono debordati, raggiungendo anche la classe politica. In America sono diventati celebri i selfie di Obama, di Hillary Clinton così come di tantissimi altri politici. Ovviamente anche i politici nostrani non sono rimasti a guardare, soprattutto con l’attuale presidente del Consiglio Matteo Renzi che di selfie ne pubblica in continuazione. Tecnicamente anche il Papa non è immune ai selfie, anche se non è autore diretto quanto “partecipante”.
Questa tendenza però è andata anche oltre, raggiungendo lo spazio esterno: l’astronauta giapponese Aki Hoshide ha realizzato quello che potrebbe essere il Selfie più spettacolare della storia: l’immagine risultante comprendeva il sole, la terra, due porzioni di un braccio robotico, una tuta spaziale e la profonda oscurità dell’infinito.
Il Selfie sta rivoluzionando il modo in cui raccogliamo le informazioni autobiografiche su noi stessi ei nostri amici, spiega Mariann Hardey, docente di marketing presso la Durham University, specializzata nelle reti sociali digitali. Si tratta di un continuo riscrivere noi stessi. […] E’ un modo di presentare noi stessi nel modo migliore …in maniera similare a quando le donne si truccano o gli uomini scolpiscono il loro corpo in palestra.
Sebbene gli autoritratti fotografici siano in giro sin dal lontano dal 1839, quando il pioniere del dagherrotipo Robert Cornelius scattò una foto di se stesso al di fuori del negozio della sua famiglia a Philadelphia, bisogna attendere l’invenzione delle fotocamere compatte digitali per veder crescere in maniera esponenziale il fenomeno. La vera nascita dei selfie potrebbe essere più o meno datata intorno al 1970 quando venne messo in commercio la macchina fotografica Polaroid, in grado di stampare fotografie seduta stante. Ma la pellicola era costosa, per cui il vero e proprio boom è arrivato solo quando quest’ultima è stata sostituita dal digitale.
Il digitale però non ha influito sui selfie solamente dal punto di vista meramente economica. Anzi. Il fatto che non dovevamo più andare dal nostro fotografo di fiducia per sviluppare un rullino fotografico ha invogliato un’intera generazione a sperimentare, a fare foto strane, buffe, inutili ed anche imbarazzanti. Non c’era più infatti il problema di far vedere le nostre foto a qualcun altro: una volta scattata potevamo (così come possiamo anche ora) cancellarla con un solo gesto.
Come risultato, le immagini con il tag #selfie hanno cominciato a comparire sul Flickr già nel 2004. Ma è stata l’introduzione di smartphone – e forse ancora di più l’avvento dell’iPhone 4 (2010) dotato di fotocamera frontale – che ha reso i Selfie un fenomeno virale. Secondo un recente rapporto del centro di ricerca americano PEW, su di un campione di 800 ragazzi, ben il 91% ha postato foto di se stessi on-line, un incremento notevole rispetto al 2006 quando la percentuale era del “solo” 79%.
Lo sviluppo degli smartphone, come accennato, è fondamentale proprio per assecondare le richieste in ambito “selfie”: il produttore cinese Huawei, ad esempio, ha svelato i piani per un nuovo smartphone con software in grado di ridurre le rughe sui volti delle persone, oltre che uniformare il tono della pelle stessa. Insomma, la voglia di qualche minuto di celebrità e di autoreferenziazione è sempre più appoggiata dai produttori di smarphone e di macchine fotografiche compatte, nel tentativo di accaparrarsi una fetta di clienti sempre più narcisa.
Il direttore della Royal Photographic Society Michael Pritchard ha analizzato il fenomeno Selfie affiancandolo alle abitudini di vita della popolazione. Egli afferma che “L’aumento delle macchine fotografiche digitali e degli smartphone ha coinciso con il fatto che ci sono molti più single in giro rispetto a qualche tempo fa.[..] Sempre più persone stanno divorziando cominciando a vivere una vita da single. Le persone vanno in vacanza da sola e non hanno nessuno che possa scattare loro una foto. Questa è una delle ragioni per cui si fanno i selfie: per avere un’immagine di dove siamo stati. ”
Ma se selfie sono semplicemente un esercizio di registrazione delle memorie private per tracciare il corso della nostra vita, allora perché sentiamo un tale urgente bisogno di condividere con centinaia e migliaia di amici e sconosciuti queste immagini? Per alcuni, il Selfie è diventato l’ultimo simbolo dell’epoca narcisistica. La sua natura istantanea incoraggia la superficialità, o almeno così si sostiene. Uno dei possibili effetti collaterali è che ci preoccupiamo più che mai di come appariamo, o meglio di come il mondo esterno di guarda e ci accetta. Il lavoro che facciamo, la nostra vita quotidiana a telecamere spente viene messa in secondo piano.
Lo scrittore americano John Paul Titlow ha sostenuto che gli utenti che realizzano i Selfie “sono alla ricerca di un qualche tipo di approvazione dai loro coetanei nonché da una comunità più ampia, che grazie a Internet è ora effettivamente infinita“.
Molte persone che postano foto di se stessi su Internet lo fanno nella convinzione che sarà sempre e solo vista dal loro gruppo di amici presenti su di un dato social network, peccato che la verità è che le immagini da noi caricate sui social network possono essere visualizzate e utilizzate da tantissime altre agenzie . Esistono per esempio decine di siti porno dedicati ai selfie nudi di uomini e donne, così come esistono siti web che permettono di caricare le foto dei propri o delle proprie ex al fine di “vendetta”. Vi ricodate qualche tempo fa il problema che ha colpito iCloud di Apple con le centinaia di foto private di personaggi famosi dati in pasto alla rete? Anche il più sicuro dei posti è tutt’altro che sicuro. .
La tendenza di (soprattutto) giovani donne a mettersi in posa per selfie nude o seminude è un problema potenzialmente preoccupante che sta sfuggendo al controllo. Lo scrittore Gail Dines, ad esempio, afferma che se gli uomini possono ottenere visibilità in diversi modi, per le donne il metodo predominante è quello di rendersi “appetibili” sessualmente. Ovviamente il giudizio espresso dallo scrittore è uno dei modi di analizzare questo fenomeno, giudizio non condiviso però da chi si fa i selfie, in particolare le generazioni più giovani.
La percezione del selfie cambia a seconda del punto di vista, sopratutto se analizzati con gli occhi di una persona giovane, che di selfie ne fa uso. Intervistata dal Guardian, per esempio la 23enne Rebecca Brown afferma che la predilezione per i selfie non né degradante né narcisistica ma è invece un semplice mezzo di auto-esplorazione. I selfie, continua la giovane, sono come un diario visivo, nel quale possiamo guardare indietro e vedere quello che è stato per noi un momento particolare, vedere come eravamo, cosa indossavamo.[…] I selfie sono un modo per esplorare la nostra identità in formato digitale. Non si tratta di esporre nudità o avere un look volgare […] La gente pensa che se ci scattiamo selfie allora vuol dire che siamo ossessionati dai noi stessi, ma questo dovrebbe valere anche nel caso in cui si scriva un diario o un’autobiografia. Un Selfie è semplicemente un altro formato per mostrare chi sei.
Prima di uscire, continua nell’intervista Rebecca, scatto un paio di selfie di me stessa per vedere come sono, come appaio agli occhi degli altri. Ed allo stesso modo in cui si scrive un buon pezzo a cui fanno seguito commenti positivi oppure si pubblica un tweet che riceve re-tweet, un selfie pubblicato che riceve apprezzamenti è una bella iniezione di fiducia. Rebecca, nella sua intervista, afferma semplicemente quanto già noto, ovvero che gli esseri umani sono animali sociali e che hanno bisogno di approvazione e di auto-affermazione.
I selfie sono inoltre un modo per comunicare senza parlare. Moltissime persone, per lo più introverse, hanno trovato nei selfie il modo migliore per comunicare con gli amici ed il mondo che li circonda. Con una propria immagine si può comunicare uno stato d’animo, una sensazione ma anche semplicemente far vedere a tutti che si esiste, che si sta bene. E sanno molto bene i fotografi come un’immagine può trasmettere più di mille parole.
Farsi un selfie, quindi, significa permettere agli altri di dare un occhio nella nostra vita, nella nostra quotidianità. E’ un modo per attirare l’attenzione, per farsi vedere, per comunicare. E questo vale tanto per il ragazzino sconosciuto quanto per le grandi star che proprio grazie ai selfie sono in grado di mantenere alto l’interesse su di loro: provate a fare un giro degli account famosi su Twitter e vedrete come non esiste stella del cinema che non abbia “twittato” un proprio selfie, nel tentativo (spesso riuscitissimo) di attirare a se in fan. Vi ricordate il selfie di Totti? Buffo o meno, ha fatto il giro della rete sia direttamente che sotto-forma di parodia. E dubito ci sia qualcuno che non l’abbia visto.
Ora, se il selfie di Totti era realmente spontaneo, non si può dire lo stesso di praticamente tutti i selfie realizzati dalle star. Le celebrità, tramite i selfie, possono esercitare molto più controllo sulla diffusione della propria immagine. Il paradosso dei selfie è che li si maschera come foto spontanee, realizzate senza l’utilizzo di post processing, ma al contrario (soprattutto grazie ai tantissimi programmi creati ad hoc per realizzare selfie) sono delle vere e proprie fotografie “pubblicitarie”, studiate nei minimi dettagli sia per quanto riguarda la posa che i colori e gli effetti al contorno. Fate caso anche ai profili Instagram o Twitter delle blogger di moda: troverete centinaia di selfie scattati con in evidenza un capo di abbigliamento, un accessorio. Ma quanti follower realmente si rendono conto che altro non è se non pubblicità a quella o quell’altra marca? I selfie, se ben utilizzati, sono uno strumento potentissimo.
Strumento potentissimo sia in termini positivi che negativi. Quando una foto è pubblicata su internet, se ne perde del tutto il controllo. Gli attuali o futuri datori di lavoro possono vederla (e, credetemi, lo screening dei social network è una pratica molto usata in fase di valutazione di un candidato), potrebbe essere usata a vostra insaputa per qualche campagna pubblicitaria o, come scritto in precedenza per i sexy selfie, potrebbero finire su siti pornografici da cui sarà quasi impossibile tirarla via.
Questo articolo è stato liberamente tradotto da un pezzo pubblicato sul Guardian dal titolo: How selfies became a global phenomenon