Sappiamo molto bene come, negli ultimi anni, la fotografia analogica sia quasi del tutto scomparsa a causa dell’avvento del digitale. Eppure, l’analogico non è “morto” perché meno capace del digitale, anzi! Le immagini analogiche (anche se la differenza è oramai minima) tecnicamente sono migliori delle immagini digitali, per svariati fattori che andremo ad elencare nel prosieguo del capitolo.
Cominciamo però da un breve ripasso su come funziona il processo fotografico: il procedimento fotografico analogico utilizza delle superfici plastiche rivestite di composti d’argento sensibili alla luce, chiamati alogenuri d’argento, per la memorizzazione delle immagini. Questo sistema di memorizzazione è in uso da oltre cento anni e, nonostante l’arrivo dell’era digitale, difficilmente scomparirà del tutto, anche se magari verrà relegata ad un settore di nicchia. Il digitale, o meglio la cattura e memorizzazione delle immagini su supporti digitali, non è molto dissimile da quanto accade nel processo analogico, tanto che è possibile schematizzare un “parallelo” tra i due processi:
Quando una quantità sufficiente di luce viene assorbita dai cristalli di alogenuro d’argento (i componenti sensibili alla luce, sospesi in una gelatina sistemata sopra una striscia di plastica – la pellicola), su questi si viene a formare un’immagine latente (invisibile). Quest’immagine è successivamente resa visibile da un processo di amplificazione chimica chiamata comunemente sviluppo che converte i cristalli di alogenuro d’argento esposti alla luce in argento metallico lasciando i cristalli non esposti praticamente inalterati. Il processo è completato da una fase di fissaggio che dissolve i cristalli non colpiti dalla luce (e quindi non sviluppati) rimuovendoli del tutto dalla superficie della pellicola.
Ma perché proprio gli alogenuri di argento sono stati scelti quale materiale per “catturare” le immagini? I motivi sono molteplici a partire dalla sua ampia disponibilità e dal costo contenuto. Inoltre, gli alogenuri di argento, hanno delle caratteristiche in alcuni casi ancora superiori al digitale.
- Risoluzione: l’alogenuro di argento è in grado di risolvere molto bene i dettagli. Esistono materiali speciali in grado di risolvere al di sopra di 1000 cicli / mm.
- Tono continuo: l’alogenuro di argento è in grado di registrare toni (o livelli di grigio) intermedi in maniera continua
- Sensibilità: le pellicole basate sull’alogenuro di argento sono disponibili a differenti sensibilità, fino a valori particolarmente spinti, tanto da essere state “imbattute” per tantissimo tempo dalle digitali: la più moderna e “spinta” pellicola fotografica può catturare un’immagine illuminata da una semplice candela con un’esposizione di 1/30 s e f/2.8: valori molto complessi da raggiungere anche con le ultimissime reflex.
- Sensibilità spettrale: La sensibilità naturale degli alogenuri d’argento si estende dalle radiazioni cosmiche alla regione blu dello spettro. In pratica, le pellicole vanno a coprire tutto lo spettro visibile oltre che all’infrarosso. Gli alogenuri d’argento possono essere sensibilizzati selettivamente a specifiche regioni dello spettro visibile, rendendo così possibile la riproduzione dei colori.
- Versatilità: l’alogenuro di argento può essere fabbricato e / o trasformato in tantissimi modi differenti.
- Capacità: La capacità delle pellicole a base di alogenuro di argento è molto alta, arrivando a coprire circa 106 -108 bit / cm2.
- Velocità: la velocità di realizzazione di una pellicola a base di alogenuro di argento è rapidissima.
Di contro, ovviamente il digitale batte l’analogico sui seguenti fattori:
- Il processo di fabbricazione delle pellicole a base di alogenuro di argento dipende fortemente da una serie di componenti chimici ad elevata purezza. Problema che comunque esiste anche nella creazione dei sensori digitali
- Gli alogenuri d’argento hanno una naturale sensibilità alle radiazioni ionizzanti, il che potrebbe causare “l’appannaggio” dei materiali stessi, riducendone fortemente la qualità fotografica.
- Esiste una relazione reciproca tra sensibilità e potere di risoluzione (la possibilità di registrare bene i dettagli). I materiali molto sensibili hanno un potere di risoluzione più limitato ai materiali meno sensibili.
- L’efficienza dei materiali a base di alogenuro d’argento è molto inferiore a quella dei sistemi elettronici. I materiali a base di argento più efficienti hanno un massimo DQE (Detective Quantum Efficiency) di circa il 4% contro un 85% dei sensori elettronici
- Può essere utilizzato una sola volta per la registrazione delle immagini.
- Le soluzioni di trattamento (come quelle di sviluppo) richiedono lo smaltimento o il riciclaggio delle stesse, cosa che potrebbe creare problemi ambientali, oltre che costi. Anche i materiali elettronici hanno necessità di smaltimento, ma solo a fine vita e non ad ogni sviluppo.
Ovviamente, per quanto l’analogico sia tutt’ora in grado di competere in quanto a qualità con il digitale, è stato soppiantato da quest’ultimo per l’immediatezza, la rapidità, la facilità del digitale stesso rispetto all’analogico. In primis la possibilità di “sbagliare” senza pensieri: nel digitale cancelli e scatti di nuovo, nell’analogico se non ti rendi conto di aver commesso un errore, devi attendere lo sviluppo (e non puoi scattare nuovamente la stessa scena). Senza dimenticare il fatto che il digitale è stata una specie di rivoluzione “comunista”, ovvero una tecnologia limitata a pochi, ad una elite, è stata estesa a tutti, a prezzi decisamente bassi e accessibili. Come detto, l’immediatezza e la facilità d’uso (la mancanza di rullini e di sviluppo in particolare) ne hanno decretato il successo, anche se a scapito della qualità generale delle immagini.