Acquistare un obiettivo non è per nulla facile, soprattutto quando si ha dinanzi un prezzo molto elevato o, nel tentativo di risparmaire, un oggetto usato.
A parte valutare qualitativamente l’usato (graffi, chiusura del diaframma, polvere e via discorrendo), quando si sceglie un obiettivo bisogna porre per prima cosa attenzione alla minima distanza di fuoco. Questo perché ogni obiettivo ha una differente lunghezza focale: i macro (che vedremo più avanti) sono in grado di focalizzare a pochi centimetri, i tele all’incirca ad 1,5 metri, i catadiottrici intorno ai 4-5 metri. Dovete insomma aver ben presente cosa volete fare: se il vostro obiettivo è fotografare panorami, della distanza di messa a fuoco poco vi importerà.
Un secondo parametro da tenere in considerazione è la posizione della ghiera di messa a fuoco. Non date per scontato che non vi servirà: l’autofocus non sempre funziona e vi sono situazioni, specie con poca luce, dove va in crisi. Poter accedere con facilità alla ghiera (ma anche al selettore on off dell’AF) è fondamentale. In alcuni obiettivi la ghiera è posizionata vicino al termine dell’obiettivo, in altre vicino al corpo macchina: cosa è meglio? Dipende da come vi trovate. Attenzione anche al paraluce: ho l’abitudine di montarlo al contrario quando non devo usarlo e, in alcuni casi, potrebbe andare a coprire la ghiera in questione. Decisamente scomodo specie se non avete un posto dove buttare il paraluce. Sempre sulla ghiera, controllate con attenzione il movimento: deve essere fluido, senza opporre resistenza e non rumoroso. Anche la precisione è un parametro da valutare: una ghiera troppo morbida è controproducente, così come una ghiera troppo dura.
Riguardo la posizione della ghiera di messa a fuoco (vicino al corpo macchina o alla fine dell’obiettivo), va precisato che questa scelta è direttamente legata all’elemento che viene mosso per ottenere la messa a fuoco. Quando la ghiera è posizionata all’estremo (nella maggior parte dei moderni zoom), a muoversi è una lente piuttosto sottile e leggera: la precisione è tradizionalmente maggiore, oltre che la velocità dell’operazione. In altri obiettivi, a muoversi è una grossa lente posizionata vicino al corpo macchina. Mentre nel primo caso l’escursione è molto piccola, nel secondo caso è decisamente maggiore il che crea due problemi: il primo è che la lente funge da stantuffo: se è presente una “perdita” nel corpo dell’obiettivo, questo movimento poterà all’interno aria e polvere. Il secondo è legato ad un eventuale filtro di polarizzazione circolare che possiamo aver montato dinanzi al nostro obiettivo: dovremo andare a risistemarlo ogni volta che agiamo sulla messa a fuoco. Non proprio comodo.
Passiamo al problema delle aberrazioni cromatiche. Come già ampiamente descritto nel capitolo delle aberrazioni, le differenti lunghezze d’onda corrispondenti ai vari colori hanno differenti velocità. Le onde corte (blu) sono più lente delle onde lunghe (colori verso il rosso) e quindi giungeranno in “ritardo” sul sensore. Le onde più lente subiranno una maggiore rifrazione nel passaggio dall’aria alla lente (e tutti gli altri passaggi di materiale) rispetto alle onde più lunghe. Ne consegue che le ottiche non saranno in grado di focalizzare perfettamente tutti i colori: se ipotizziamo di focalizzare il verde, l’ottica focalizzerà il rosso “dopo” il sensore ed il blu “prima” del sensore. Questo “problema” è appunto l’aberrazione cromatica.
Cosa controllare quando acquistiamo un obiettivo? Dobbiamo appurare se si tratta di un obiettivo tradizionale, acromatico o apocromatico. Nel caso si tratti di un obiettivo acromatico, significa che questo è in grado, grazie alla combinazione di differenti elementi ottici (vetro al altra e bassa dispersione, per esempio), di focalizzare due colori primari. Nel caso degli obiettivi apocromatici (il cui costo è elevatissimo), lo stesso è in grado di focalizzare tutti e tre i colori primari.
Occhio anche all’aberrazione cromatica longitudinale. E’ simile all’aberrazione cromatica descritta prima ma, a causa sempre della differente velocità, i raggi luminosi che incidono sulla lente in maniera obliqua andranno a focalizzare in punti differenti del sensore (più in alto e più in basso, come mostrato in figura sopra). Come nel caso di prima, ipotizzando di focalizzare correttamente il verde, avremo il blu (che viaggia più lentamente) focalizzato verso l’alto mentre il rosso più verso il basso. Questo tipo di aberrazione viene corretta solo nei costosi obiettivi apocromatici, gli stessi che correggono l’aberrazione cromatica vista in precedenza. Attenzione all’infrarosso: gli Apocromatici sono costruiti per correggere la luce visibile, quindi sull’infrarosso si comportano come se fossero obiettivi tradizionali. Ricordate inoltre che l’aberrazione longitudinale si corregge anche semplicemente riducendo l’apertura dell’obiettivo.
L’Aberrazione sferica è la terza aberrazione di cui tener conto in fase di acquisto di un obiettivo. Questo tipo di aberrazione è l’incapacità da parte di una singola lente di focalizzare più raggi paralleli nello stesso punto.
I raggi che colpiscono i bordi della lente, per via del maggior percorso da compiere per giungere al sensore, focalizzeranno prima del sensore stesso, così come i raggi che attraversano il centro della lente focalizzeranno dopo il sensore. Gli obiettivi che correggono questo difetto sono dotati di lenti asferiche. Ricordiamo comunque che l’aberrazione sferica si riduce proporzionalmente alla diminuzione dell’apertura del diaframma.
Passiamo ora alla lunghezza focale. Questa è la distanza tra il centro ottico dell’obiettivo quando il fuoco è regolato all’infinito ed il sensore/pellicola. Normalmente la lunghezza focale è ben espressa sul corpo dell’obiettivo, ma questa non corrisponde al vero valore, a meno che non stiate lavorando con una full frame: la lunghezza focale stampata è infatti riferita ad un apparecchio dotato di un sensore a pieno formato. Se si sta usando una half frame o un ASP bisogna moltiplicare la lunghezza focale riportata per il rapporto tra la diagonale del sensore Full frame ed il nostro sensore. In soldoni, se avete una Nikon ASP, dovete moltiplicare la lunghezza focale per 1,5. Nel caso di Canon per 1,6. Ne deriva che, per esempio, un obiettivo a focale fissa da 50mm è in effetti un 75mm nel caso di Nikon. Ed un reale 50mm è un 50/1,5= 33mm. Il 18-105 fornito spesso in bundle con le le Nikon è 27 – 157mm. Tenetene sempre conto quando scegliete un obiettivo.
Oltre alla lunghezza focale, anche l’angolo di campo è molto importante: questo è direttamente legato alla lunghezza focale. Più la prima lente si allontana dal sensore, minore sarà l’angolo di campo. L’esempio classico è quello del grandangolare: ha una visione amplissima a differenza di uno zoom che invece riuscirà a prendere solo una parte della scena. Possiamo riassumere in questa tabella la relazione angolo di campo-lunghezza focale:
La profondità di campo è un ulteriore parametro da tenere in considerazione quando si acquista un obiettivo.
Abbiamo visto che quando un obiettivo è focalizzato ad una particolare distanza, un punto a quella distanza sarà riprodotto ad un punto sul sensore. Sappiamo però che quel punto sarà in realtà sul sensore come un minuscolo cerchio non distinguibile dal nostro occhio. Punti più vicini o più lontani dalla distanza di fuoco appariranno come cerchi più grandi, fino a giungere alla dimensione massima “non osservabile”, ovvero fino a giungere ad avere il diametro del circolo di confusione. Il circolo di confusione è genericamente utilizzato per la stima della profondità di campo.
Nel dettaglio, come spiegato nell’articolo linkato pochi righi più sopra, la profondità di campo è l’intervallo di spazio davanti e dietro il punto di fuoco, entro il quale gli risultano nitidi nello scatto finale. La profondità è direttamente influenzata dall’apertura del diaframma (piccole aperture aumentano la profondità, grandi aperture la diminuiscono), la distanza dal soggetto (distanze grandi aumentano la profondità), e la lunghezza focale dell’obiettivo (la profondità è maggiore con focali corte).
Ciò significa che, se vogliamo giocare con la profondità di campo, dobbiamo orientarci verso obiettivi che siano in grado di farci operare quanto più possibile su lunghezza focale e aperture del diaframma e che siano particolarmente luminosi (se chiudo l’apertura avrò bisogno di tanta luce se non vogliamo tirar su gli ISO). Per ottenere degli ottimi risultati, è necessario anche puntare su obiettivo di alta qualità ottica e soprattutto dotati di un’accurata focalizzazione manuale.
Ricordiamoci infine che tutti gli obiettivi forniscono la massima nitidezza nella zona centrale della scala di aperture disponibili, o meglio ad una certa combinazione di lunghezza focale e apertura (sweet spot). La nitidezza si riduce alle grandi aperture a causa di aberrazioni, e lo stesso avviene alle piccole aperture a causa della diffrazione ottica. Il trucco per ottenere, quindi, la miglior qualità fotografica è quella di usare aperture medie: ciò incide pesantemente sulla scelta di un obiettivo in quanto ci costringe a scegliere obiettivi di gran qualità per poterci “distaccare” da questo concetto e giocare maggiormente con la profondità.