La camera obscura esisteva molto prima della fotografia stessa. In realtà, non ci sarebbe fotografia senza di essa: il nome si traduce letteralmente dal latino in “camera oscura”. Il nome , tuttavia, è un po’ fuorviante, in quanto lascia fuori l’elemento più cruciale della camera oscura: un piccolo foro attraverso il quale la luce può entrare nella camera oscura.
Cominciamo con il premettere che nessuno ha inventato la camera oscura: si tratta di un fenomeno ottico del tutto naturale. Come la grotta di Platone, in cui le ombre proiettate sono un’allegoria della realtà, la camera oscura proietta la vita reale, a colori e in movimento, su una parete o uno schermo bidimensionale da osservare e contemplare. La luce entra in un ambiente (scatola) oscurato attraverso un’apertura come un piccolo foro o una lente di vetro, proiettando un’immagine invertita su una parete o uno schermo opposto. La scienza che permette che ciò avvenga è molto semplice: la luce viaggia in linea retta e quando si entra in un piccolo foro, invece di disperdersi, la luce ci passa attraverso solo in modo organizzato. Così, la luce riflessa dalla parte alda di un albero passerà attraverso l’apertura e colpirà la parte inferiore della parete opposta al foro. Mentre la luce che rimbalza sulla base dell’albero finirà nella parte superiore dell’immagine proiettata.
In sostanza, una camera oscura è semplicemente una macchina fotografica senza pellicola. Risale a secoli prima dello sviluppo dei materiali sensibili alla luce. Le prime osservazioni del fenomeno sono attribuite al filosofo cinese Mo-Ti nel V secolo a.C.. Aristotele (384-322 a.C.) prese nota di questo processo osservando la luce che filtrava tra le foglie degli alberi e proiettando immagini a forma di mezzaluna del sole eclissato a terra. Egli prese anche nota del fatto che più piccolo è il foro, più nitida appare l’immagine.
Sebbene fosse probabilmente un principio noto agli studiosi contemporanei dell’epoca, il primo resoconto della camera oscura risale allo studioso arabo Alhazen (Abu Ali al-Hasan Ibn al-Haitham) (965-1039 circa). Nel 1490 Leonardo da Vinci descrisse chiaramente la camera oscura che ha chiamato oculus artificialis in riferimento alle sue caratteristiche comuni con l’occhio. Suggerì anche di superare il problema dell’immagine invertita proiettandola su un foglio di carta sottile e visualizzandola da dietro.
La persona a cui più spesso si attribuisce, anche se in modo incorretto, il merito di aver sviluppato la camera oscura è lo scienziato napoletano del XVI secolo Giovanni Battista Della Porta. Questo perché la camera oscura è stata descritta in dettaglio nel suo libro Magiae Naturalis, una delle opere più note della scienza popolare dell’epoca. Della Porta fu il primo a descrivere la camera oscura come un aiuto agli artisti che cercavano di attingere dalla vita, riportandola appunto su un dipindo. Anche se non fu il primo a farlo, approfittò dello sviluppo della camera oscura, come l’uso di una lente ottica al posto di un semplice foro, che illuminava e rendeva più nitida l’immagine. Della Porta ha anche introdotto l’uso di uno specchio che, riflettendo l’immagine, andava di fatto a correggere la precedente inversione. Della Porta ha anche creato dei concorsi teatrali che si svolgevano direttamente all’esterno della sala, con scenografie e personaggi in costume: una volta che gli occhi del pubblico si adattavano all’oscurità della sala, ciò che veniva osservato era un qualcosa di molto vinico al cinematografo, con uan sorta di “film” in presa diretta mostrato sulla parete. La cosa era talmente strana che alcune personeaccusarono Della porta addirittura di stregoneria!
Man mano che la camera oscura divenne più popolare, cambiò svariate volte forme. Piuttosto che una stanza o un edificio permanente furono realizzate versioni più piccole e più portatili. Alcune erano piccole stanze abbastanza luminose da poter essere trasportate su rotaie da due uomini e quella più famosa fu sicuramente quella dell’astronomo Johann Kepler (che coniò la frase ”camera oscura”) che aveva una tenda portatile che fungeva da macchina fotografica portatile e che fu usata per un rilievo topografico dell’Alta Austria nel 1620.
In seguito furono sviluppate anche versioni molto piccole, tra cui una versione incassata nel gambo di un calice: attraverso l’uso di un piccolo specchio, un’immagine veniva proiettata sulla faccia del vino (bianco), in modo che l’ospite potesse tenere d’occhio i suoi ospiti (probabilmente il predecessore della moderna telecamera di sorveglianza). La versione più popolare della camera oscura, tuttavia, era abbastanza piccola da poter essere portata da una persona sotto un braccio: queste avevano un vetro smerigliato o uno schermo traslucido su cui veniva proiettata l’immagine, eliminando la necessità di trovarsi in una stanza chiusa.
Molti artisti del Seicento e del Settecento furono interessati alla capacità della camera oscura di essenzialmente replicare, anche se in modo monoculare, la visione umana. Li ha aiutati a raggiungere la perfezione su prospettive difficili da rendere. Tra questi artisti spiccano Jan Vermeer e Canaletto.
Con l’evoluzione nel tempo della camera obscura, si giunse praticamante al prototipo della macchina fotografica moderna. L’unico cambiamento necessario per renderla realmente macchina fotografica era un modo per caricarla con la pellicola. Sia Nicephore Niepce che William Henry Fox Talbot usarono la camera oscura per esporre i loro materiali sensibili alla luce e produrre le prime fotografie. Grazie a questi esperimenti, si ebbe un importante cambiamento nel ruolo dell’arte : una reazione chimicastava prendendo lentamente il posto della matita dell’artista. Va comunque detto che la macchina fotografica, invece di essere uno strumento per osservare ed eventualmente disegnare un soggetto, divenne invece un registratore di una ”verità”: il creatore di un soggetto stesso.
La camera obscura, per quanto sia un qualcosa di arcaico, vive tutt’oggi: in tutto il mondo esistono ancora delle “camere obscure” che hanno la funzione sia di intrattenimento, sia di osservazione (la maggior parte di esse si trova in zone con splendide vedute), sia di educazione. Alcuni artisti contemporanei, come Ann Hamilton, Vera Lutter e Abelardo Morell, creano ancora oggi opere che utilizzano il fenomeno alla base della camera obscura.
Ma la vera discendente della camera obscura è la macchina fotografica moderna. Che si tratti di pellicola o di macchina fotografica digitale, di grande formato o cinematografica, la struttura e il concetto di base della macchina fotografica sono rimasti gli stessi attraverso il secoli: una scatola a tenuta di luce in cui la luce, ammessa attraverso un’apertura, colpisce una superficie parallela e proietta un’immagine. A differenza dei secoli passati, tuttavia, l’immagine, non più fugace, può ora essere mantenuta intatta nel tempo.
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