Su di una cosa tutti siamo concordi: una fotografia ha quattro lati. Constatazione alquanto banale banale, ma non stupida e non inutile. Questa constatazione, infatti, ci fa capire cole ma fotografia abbia dei confini “fisici” che necessariamente hanno delle conseguenze sul risultato in termini qualitativi.
Nel momento in cui inquadriamo una scena abbiamo il compito di chiederci cosa includere e cosa escludere dalla fotografia finale.
Oltre ad avere dei lati, la fotografia ha anche una dimensione. Un formato. Il formato corrisponde alla dimensione del fotogramma nonché al rapporto che c’è tra il lato lungo ed il lato corto dell’immagine “stampata”.
Inizialmente, il formato era direttamente legato alla pellicola utilizzata nonché alle rudimentali post-produzioni (il taglio fisico della fotografia!). Oggigiorno le cose sono decisamente più semplici: da una parte abbiamo le macchine fotografiche in grado di scattare in formati differenti, dall’altra abbiamo potenti programmi di post produzione che, in pochi e semplici movimenti, ci permettono di modificare la dimensione di una foto effettuandone per esempio un ritaglio, un crop.
Eccone un esempio: queste due immagini sono tratte dalla stessa fotografia ma con lo strumento “taglia” di un programma quale può essere Gimp abbiamo deciso non solo il formato della foto finale ma addirittura l’inquadratura.
Le fotografie più diffuse sono quelle in formato 3:2 e 4:3. Molto simili per dimensioni, possono essere preferite per effettuare differenti tipi di fotografia. Ad esempio il 4:3, il formato della nostra vista, è spesso usato come formato “neutro” sia in orizzontale che in verticale. E’ inoltre sinonimo di “stabilità”. Abbiamo visto nelle forme come il quadrato sia una forma “statica”, a differenza del rettangolo che fornisce un certo senso di dinamismo. Il formato 3:2 è più lungo del 4:3, quindi è più “rettangolo” e per questo è preferibile per foto dinamiche o anche nelle foto di panorama dove serve una visione laterale maggiore.
Il formato 4:3 è comune a quasi tutte le fotocamere compatte in particolare Olympus e Panasonic. Ed è anche il formato base delle nuove mirrorless. Il formato 3:2 è invece appannaggio delle Reflex sia half che full frame. Se in passato si aveva una predominanza di questo formato, con l’avvento delle fotocamere compatte da pochi euro, la situazione è sbilanciata verso il 4:3. C’è un ulteriore formato da non dimenticare, il 16:9 che sta prendendo piede in molte compatte nonché reflex. Ancora poco diffuso, è un’estremizzazione del 3:2 anche se moltissimi fotografi tendono ad evitarlo in quanto ci si allontana troppo dalla visione dell’occhio umano.
Quando parliamo di formato fotografico, parliamo anche di lato dominante: il lato dominante è ovviamente quello più lungo e ha una funzione di “dinamismo”. Più è lungo insomma più la fotografia comunicherà movimento: questo perché il nostro occhio dovrà muoversi “di più” sul lato lungo del 3:2 rispetto al 4:3 e questo fatto incide sul modo in cui il nostro cervello interpreta l’immagine, fornendo appunto la sensazione di movimento.
Abbiamo già parlato delle regole compositive che possono essere usate, dalla regola dei terzi a quella aurea, dall’uso di linee oblique o dritte a quelle sinuose: queste tecniche compositive vanno applicate sulla scena che andiamo a fotografare, quindi vanno adattate al formato fotografico a cui siamo legati. Vi siete mai chiesti perché non esistono (o almeno, non sono diffuse) macchine fotografiche con formato 1:1? Il motivo è banale: il nostro cervello non riesce ad applicare a questo formato le regole compositive in quanto è abituato a vedere rettangolare e non quadrato. Il formato rettangolare, che sia 3:2 o 4:3 ha quindi il vantaggio di rendere più facile la composizione in quanto effettuiamo delle inquadrature che assecondano la visione umana.
Ho citato non a caso il formato 1:1: per quanto sia quasi del tutto sconosciuto, tutti i fotografi in erba dovrebbero provare ad usarlo. Il motivo? E’ scuola. Adattare le regole della composizione al formato quadrato è qualcosa di ostico e complicato che però ha delle ricadute su come il nostro cervello reagirà anche nella composizione su formati più classici. Per non parlare poi della particolarità di questo formato: quante foto avete visto nella vostra vita di tipo quadrato? E se vi imbattete in una foto del genere, non è vero che passate qualche attimo di più a guardarla? Proviamo con un esempio pratico e con la foto di una effettuata con una tradizionale reflex in formato 3:2.
Ed ora guardiamo la stessa foto croppata a 1:1 con un programma di fotoritocco. La foto è esattamente la stessa in termini di dimensioni degli oggetti…eppure la foto 1:1 tende a dare una sensazione totalmente differente (addirittura viene a mancare la profondità) ma soprattutto la foto 1:1 impegna per più tempo il cervello, essendo una foto diversa dal solito.