Comprendere la fisica della luce ci pone in grande vantaggio quando cerchiamo di realizzare grandi fotografie. La fisica della luce, come ben possiamo immaginare, è direttamente legata all’obiettivo alla sua costituzione, al numero delle lenti presenti al suo interno e, ovviamente, al costo dello stesso.
Decidere quali lenti acquistare per il proprio corredo può causare un vero e proprio mal di testa in quanto ci sono parecchi fattori da considerare come la qualità di costruzione, il costo, l’apertura e la stabilizzazione delle immagini.
Ma cosa che rende di fatto un obiettivo diverso da un altro?
Gruppi, elementi e perché sono importanti
Ciascun obiettivo è costituito da un numero di lenti di vetro (banalmente chiamati elementi). L’idea alla base della realizzazione di qualunque obiettivo, piccolo o grande che sia, è quello di cercare di ridurre le aberrazioni in modo che le immagini siano nitide e prive di imperfezioni.
Lenti diversamente dimensionate e sagomate sono raggruppate per rifrangere diverse lunghezze d’onda della luce e per consentire alla luce di convergere, riducendo di conseguenza le aberrazioni. Immaginate cosa avviene quando la luce attraversa un prisma: entra da una faccia con un particolare angolo ma esce da un’altra faccia con un angolo totalmente diverso quello di ingresso.
Ciascun elemento in vetro è realizzato partendo dal principio del prisma, quindi con una forma tale da rifrangere la luce che lo colpisce a seconda della propria forma. Raggruppando vari elementi dalle differenti forme ed ingrandimenti, i progettisti delle lenti sono in grado di avere un grande controllo della luce e di conseguenza un grande controllo delle aberrazioni e delle distorsioni.
Tipi di elementi
La maggioranza degli elementi (le lenti) hanno una superficie curva, storicamente di tipo sferica. Il motivo di questa forma è più storico che funzionale in quanto è particolarmente semplice da realizzare ma presenta tuttora un difetto: la presenza di particelle all’interno della pasta di vetro al momento della “cottura” crea dei punti di rifrazione nella lente che andranno necessariamente al alterare la qualità finale dell’immagine. Per risolvere questo problema, i progettisti hanno inventato le lenti asferiche, di cui parleremo più avanti.
Un altro tipo di lente, le Apocromatiche (APO), sono impiegate principalmente nei teleobiettivi. Queste lenti sono particolarmente suscettibili alle aberrazioni cromatiche, con conseguente riduzione del contrasto e della nitidezza dell’immagine. Gli elementi APO hanno però un vantaggio: focalizzano sullo stesso piano tre lunghezze d’onda della luce (normalmente il verde, blu e rosso) riducendo la distorsione.
Le lenti di fascia alta dispongono inoltre di elementi mobili all’interno dei gruppi ottici che si muovono a seconda della lunghezza focale, riducendo la “curvatura della luce” che causa la perdita di nitidezza ai bordi delle immagini.
La realizzazione delle lenti
La fabbricazione fisica delle lenti incide parecchio sulla qualità dell’immagine che sono in grado di produrre. Ci sono tre principali metodi di produzione.
Il primo è chiamato ground polished glass aspherical. Si tratta di lenti fatte di vetro reale, il processo di levigatura e lucidatura è lungo e costoso e, pertanto, questi elementi si trovano solo su lenti di livello professionale. Canon usa questi elementi di grande diametro sulla gamma ‘L’ di lenti in modo da offrire una definizione superiore in quanto, queste lenti, aiutano la messa a fuoco della luce da tutte le angolazioni.
Il secondo metodo di produzione è molded glass aspherical o, nella nomenclatura Nikon, Precision Glass Mold (PGM). Il vetro è riscaldato a tal punto da poter essere modellato in una forma asferica usando uno stampo di metallo della forma voluta. Nikon sostiene che il vantaggio principale di questo metodo è nella possibilità di effettuare un controllo molto approfondito sull’intero processo, con una precisione di micron. Questo tipo di lente è meno costoso da produrre ed equipaggia gli obiettivi destinati agli amatori e agli appassionati.
La terza e più comune tecnica di produzione è un ibrido costituito da una lente di vetro con una superficie asferica plastica. Queste lenti sono suscettibili ai cambiamenti ambientali come l’umidità e la temperatura e quindi non sono adatte ai professionisti ma dedicate principalmente al mercato consumer. Dalla loro ovviamente hanno un prezzo particolarmente basso.
Il trattamento delle lenti
Le lenti, a causa delle riflessioni della luce sulla superficie, tagliano via parecchia luce che quindi non giunge al sensore. Per logica, maggiore è il numero degli elementi minore è la quantità di luce. Considerando che una lente “normale” può abbattere fino al 5% di luce, un gruppo ottico formato da 10 elementi abbatterebbe la luce che giunge al sensore del 50%.
Per ridurre questo problema, le lenti vengono trattate. Su ogni elemento viene introdotto una sorta di rivestimento atto a ridurre le riflessioni della luce e ridurre, come conseguenza, l’abbattimento della quantità di luce tra l’esterno ed il sensore.
Materiali come il fluoruro di magnesio e ossido di silicio sono spesso usati come rivestimenti, con strati estremamente sottili applicati su tutta la superficie di ogni lente. Spesso vengono applicati strati multipli al fine di ridurre i riflessi di differenti lunghezze d’onda.
Gli obiettivi Canon di fascia alta, per esempio, presentano più di di 10 strati di rivestimenti che permettono una trasmissione della luce pari al 99,9% dall’ultravioletto all’infrarosso. Ne deriva che un complesso ottico trattato in questa maniera (supponiamo sempre 10 elementi) abbatterebbe la luce di appena l’1%, un bel risultato.
Distorsione e aberrazione
In una condizione ideale, un obiettivo potrebbe catturare qualsiasi linea retta come perfettamente dritta. In realtà, una lente curva non può far convergere parallelamente i raggi luminosi in un unico punto che di conseguenza vengono distorti (curvi). Questa distorsione, o curvatura è una caratteristica di tutti gli obiettivi costruiti con elementi sferici ma varia notevolmente a seconda della lente e la lunghezza focale utilizzata.
Questa distorsione è più evidente quando si lavora con linee parallele posizionate ai bordi della scena, dove l’effetto è massimizzato. Gli obiettivi zoom soffriranno maggiormente di questa distorsione (a barilotto) evidente anche al centro della scena dove sembrerà esserci una sorta di rigonfiamento.
Gli obiettivi possono soffrire anche della distorsione a cuscinetto. In questo caso avviene il contrario dell’effetto a barilotto e l’immagine sembra essere “risucchiata” dove si evidenzia il problema.
La distorsione non è solo e semplicemente dipendente dalla lente. Essa varia a seconda della vostra distanza dal soggetto. Per i fotografi di paesaggi e di architettura, questa distorsione della lente è una questione molto importante in quanto, nel ritrarre per esempio un palazzo, è fondamentale che l’immagine appaia così come è nella realtà. Problema ben meno evidente, per esempio, quando si fa un ritratto fotografico: le linee rette sono assenti ed il fenomeno a barilotto o a cuscinetto non è notabile.
La maggior parte dei principali produttori di lenti, per risolvere il problema (o meglio limitare) delle distorsioni e delle aberrazioni, si è orientato verso la realizzazione di lenti asferiche. All’opposto della lente sferica, la lente asferica presenta una superficie curva che è in grado di correggere le aberrazioni. Questo è possibile in quanto la lente asferica permette ai raggi di luce di passare attraverso l’elemento ed incontrarsi in un unico punto, facendo in modo che ogni raggio di luce vada a cadere sul sensore, riducendo quindi le distorsioni causate da fasci multipli che viaggiano attraverso i vari elementi.
Apertura
Una delle caratteristiche principali che i fotografi cercano in un obiettivo è la sua apertura massima. Questa, come sappiamo, incide direttamente sulla profondità di campo e la capacità di lavorare in condizioni di luce scarsa. L’apertura di una lente, misurata in f / stop, viene definita dalla dimensione della “pupilla” (diaframma) dell’obiettivo: questa è proporzionale al quadrato della lunghezza focale della lente.
Ad esempio, un obiettivo di 50mm può raggiungere un valore di stop di f/1.2. Per una lente con una lunghezza focale di 100 mm sarebbe necessario un diametro 4 volte la dimensione della lente da 50 mm per raggiungere la stessa f/1.2. Quindi un f-stop è direttamente legato alla lunghezza focale piuttosto che al diametro del diaframma.
È inoltre necessario tenere in considerazione che un obiettivo da 50 mm ha un campo visivo più ampio e quindi fa entrare più luce. Grandi teleobiettivi, avendo elementi anteriori molto grandi (e quindi meno luce), devono compensare il che si traduce in aberrazioni sferiche che a loro volta richiedono un incremento nel numero dei gruppi di elementi. Più elementi significa più vetro e più vetro significa un costo (decisamente) maggiore.
Bokeh
In termini fotografici, il bokeh è il modo in cui la lente cattura i punti di luce fuori fuoco. Ogni lente offre un bokeh diverso a seconda del suo design. La capacità della lente di correggere l’aberrazione sferica contribuisce al bokeh in quanto permette (anzi, incrementa) alle luci che cadono nella zona fuori fuoco di aumentare di dimensione. Gli obiettivi professionali hanno una maggiore capacità di affrontare le distorsioni della luce nelle zone fuori fuoco attraverso le combinazioni di elementi raggruppati che si traduce, quindi, in un ridotto effetto bokeh.
Tuttavia, è la costruzione tecnica del diaframma della macchina fotografica a influenzare maggiormente l’effetto bokeh. Il più fattore più importante è il numero di lamelle del diaframma: più sono più il pallino di luce sarà sferico rendendolo più attraente all’occhio. Gli obiettivi professionali in genere hanno più lamelle e quindi producono un bokeh migliore.
Le lenti più comuni
Sebbene a cavallo del secolo scorso la Zeiss creò un set di lenti dal design molto particolare, ancora oggi la maggior parte dei produttori di obiettivi si basa su quel progetto, ovviamente modernizzato nei disegni e nei materiali impiegati. Vediamo ora nel dettaglio i vari modelli di lenti che la Zeiss (e non solo) hanno immesso negli anni sul mercato.
Il tripletto di Cooke
Per comprendere i modelli di lente in uso, dobbiamo fare un escursus storico e tornare indietro al 1893 quando Dennis Taylor brevettò il primo sistema di lenti, chiamato appunto tripletto di Cooke. Il tripletto di Cooke è composto da 3 gruppi di 3 elementi, sistemati in uno schema simmetrico. Rispetto al suo antenato, il doppietto, il tripletto spezza in due l’elemento positivo e piazza tra le due metà del positivo l’elemento negativo. Questa sistemazione corregge buona parte delle aberrazioni extra assiali nonché riduce la distorsione.
Planar
L’obiettivo Planar è stato ideato da Paul Rudolph mentre lavorava in Carl Zeiss nel 1896 ed è “figlio” del tripletto di Cooke. E’ composto da sei elementi dal design simmetrico con un’apertura originale di f/4.5. Produceva immagini estremamente nitide e senza distorsioni apprezzabili (piane, da cui il nome planar), anche se soffriva di flares dovuti alle troppe superfici di contatto aria-vetro, problema successivamente risolto con i rivestimenti antiriflesso delle lenti (a partire dagli anni 50). Ogni superficie di contatto perdeva, nella versione originale, circa il 4% della luce incidente a causa di riflessioni che, appunto, andavano a creare dei flares sull’immagine finale.
L’obiettivo Planar più apprezzato è probabilmente il modello da 110 millimetri con f/2.0. E’stato la scelta “classica” e doverosa per i proprietari della medio formato Hasselblad 2000 e delle fotocamere della serie 200. Attualmente il modello Planar è alla base di quasi tutti gli obiettivi luminosi tra i 50mm e i 100mm.
Per la storia, Zeiss creò un obiettivo dalla luminosità “esagerata” su commissione NASA. Si trattava di un 50mm con f/0.7. Ancora oggi una specie di sogno per molti fotografi.
Tessar
Il Tessar è un altro obiettivo progettato Paul Rudolph durante la sua permanenza in Zeiss. Realizzato per la prima volta nel 1902, il suo nome deriva dal greco Téssera, ovvero quattro, a causa del design dotato di quattro elementi. Con un’apertura originale di f/6.3, il Tessar è stato un obiettivo compatto che ha fornito elevate prestazioni ottiche ad un livello accessibile. Molti 50mm sono basati sul design Tessar.
Sonnar
Il Sonnar è stato realizzato più tardi, brevettato da Zeiss Ikon nel 1929 e progettato dal Dr. Ludwig Bertele. Il primo Sonnar era un obiettivo da 50 mm con sette elementi in tre gruppi progettati per la Zeiss Contax I a telemetro. Il suo nome deriva dalla parola tedesca ‘Sonne’, che significa sole, grazie alla sua ampia apertura di f/1.5. Il Sonnar presenta un grosso gruppo ottico posteriore che di fatto rendeva questo obiettivo non utilizzabile sulle reflex con innesto a baionetta Contax (mancava spazio per il ribaltamento dello specchio).
Il Sonnar ha corretto i difetti di progettazione delle lenti precedenti, conferendo alle foto molto più contrasto e meno flares del Planar nonché un’apertura molto più ampia e un inferiore numero di aberrazioni cromatiche rispetto al Tessar.
Stabilizzazione di immagine
Quando si tratta di qualità delle fotografie, i sistemi di stabilizzazione dell’immagine (IS) o di riduzione delle vibrazioni (VR) svolgono un ruolo estremamente importante consentendo al fotografo di scattare fotografie con tempi fino a quattro volte superiori (in termini di stop) alla normale velocità di scatto (quella che, in assenza di stabilizzazione, non produce micromosso).
Gli obiettivi sia di Canon che Nikon utilizzano una tecnologia estremamente intelligente che utilizza sensori di movimento per rilevare il movimento indesiderato che potrebbe causare sfocatura nell’immagine o micromosso. Il segnale viene poi inviato ad un microcomputer che a sua volta invia un set di informazioni ad un motore sistemato nella lente o nella macchina fotografica, che regola, muovendolo, il gruppo lenti IS oVR (parliamo di frazioni di secondo).
Elementi rotanti anteriori
Ci sono alcuni obiettivi che hanno un elemento frontale che ruota. Questo non è un grande problema a meno che non si usi filtri come un polarizzatore circolare. Il problema è che una volta impostato il filtro alla sua posizione desiderata, non appena si cambia la messa a fuoco, si sposta anche il polarizzatore (ruota con la lente). Una situazione non proprio gradevole risolvibile solo acquistando polarizzatori non circolari (con conseguenti problemi differenze di resa) o altre soluzioni che ovviano a questo problema.
Zoom Estensibile
Si tratta di obiettivi che hanno una componente in grado di “allungarsi” quando si effettua lo zoom. Questi obiettivi hanno delle dimensioni (a chiuso) più contenute rispetto ai modelli a tubo fisso, sono più leggeri e costano di meno. Il problema è che questi tele possono avere la tendenza a scivolare (ad allungarsi quindi) quando sono tenuti rivolti verso il basso.
Conclusione
E’ sicuramente vero che è la lente a fare la differenza quando si tratta di qualità dell’immagine. Per chi deve acquistare un nuovo obiettivo è fondamentale buttare un occhio sul costo, sulla massima apertura, sulla qualità di costruzione senza ovviamente dimenticare di informarsi anche sulla struttura fisica della blocco di lenti nonché dei materiali usati per realizzare il tutto e per il trattamento delle lenti. In fin dei conti, una lente ha un costo talmente alto che bisogna cercare di minimizzare gli errori di valutazione.