Abbiamo già parlato brevemente dell’otturatore nel post descrittivo della reflex (o delle macchine fotografiche in generale): si tratta di quel dispositivo meccanico che ha il compito di controllare il tempo in cui la pellicola o il sensore sono direttamente esposti alla luce.
Di otturatori, nelle macchine fotografiche, ne troviamo di due tipi: centrali o a lamella (molto simili al diaframma) o a tendina. Quest’ultimo, il più classico, è formato da due superfici metalliche disposte parallelamente al piano focale e che, scorrendo ad una determinata velocità, lasciano passare una determinata quantità di luce.
Nella fotografia qui riportata è fotografato appunto l’otturatore (a tendina) con tanto di “circuiteria” meccanica che permette il movimento delle due paratie lungo la verticale.
Se il tempo richiesto dalla macchina fotografica (o dal fotografo) è lento, la prima tendina raggiunge il fine corsa quindi parte la seconda che copre la pellicola concludendo l’esposizione. Se è necessaria una maggiore rapidità, la seconda tendina parte durante la corsa della prima: in questo modo la superficie del sensore non viene esposta in contemporanea ma solo attraverso la fessura formatasi dal ritardo fra la prima e la seconda tendina.
Il tempo d’esposizione (direttamente legato all’otturatore) rispetta una scala di valori che venne elaborata con un criterio del tutto simile a quello del diaframma affinché tra di loro esistesse un nesso durante la misurazione dell’esposizione: ogni valore è la metà di quello che lo precede ed il doppio di quello successivo.
Nel disegno di sopra (Digital Photography School) viene mostrata la correlazione tra l’otturatore ed il sensore, mentre nella figura di sotto è rappresentato il differente movimento delle tendine in funzione della velocità di scatto: le tendine bene o male hanno sempre la stessa velocità, a cambiare è l’area direttamente esposta alla luce solare (più è piccolo il tempo richiesto, più piccola sarà l’area “libera” tra le due paratie).
Il movimento delle tendine è particolarmente veloce…ma non tanto da non poter essere ripreso. In questo tentativo è riuscita la fotografa Marianne Oelund che, nel 2008, ho realizzato uno slow motion partendo dalla sua Nikon D3. Un documento davvero strabiliante che vi invito a guardare a questo indirizzo: Slow motion Otturatore Nikon D3.
Lo stesso slow motion anche se in maniera più rustica è riportato di seguito: si nota molto bene il movimento delle due tendine che lasciano totalmente scoperto il sensore per un certo lasso di tempo.
L’otturatore, per come lo abbiamo descritto in questo articolo, è di tipo meccanico: ma non sempre è così. Nei telefonini e nelle macchine a basso costo l’otturatore è di tipo elettronico: non vi sono tendine ma semplicemente viene tolta “corrente” al circuito in modo tale da non permettere ai fotositi di trasmettere la carica elettrica letta. Questo tipo di otturatore, per quanto giovane, sta cominciando a farsi strada soprattutto per il risparmio energetico e le dimensioni praticamente nulle. E non è da escludersi che Nikon, in un futuro prossimo, lo introduca su qualche modello non proprio di fascia bassissima.
La velocità dell’otturatore
La velocità dell’otturatore è quell’elemento che, insieme al diaframma, definisce quanta luce deve raggiunge il sensore. Maggiore è la velocità dell’otturatore, minore è il tempo in cui il sensore è esposto alla luce. La velocità dell’otturatore viene misurata in frazioni di secondo secondo una standardizzazione che impone come un tempo successivo o precedente quello di riferimento sia il doppio o la metà: 1/32000 s, 1/16000, 1/8000 s, 1/4000 s, 1/2000 s, 1/1000 s, 1/500 s, 1/250 s, 1/125 s, 1/60 s,1/30 s, 1/15 s, 1/8 s, 1/4 s, 1/2 s, 1 s (per un discorso più approfondito vi rimando al post sul rapporto di reciprocità).
Quando si scatta a mano libera bisogna scegliere una velocità di otturazione abbastanza veloce in modo da non ottenere una foto mossa.La velocità andrebbe scelta anche in funzione della lunghezza dell’obiettivo che stiamo impiegando: con un obiettivo da 28mm dovrò usare un tempo reciproco della lunghezza della focale pari a di 1/30 di secondo; mentre con una lunghezza focale di 100mm la velocità non dovrebbe essere inferiore a 1/100.
Al variare del tempo di esposizione, ovviamente, varia anche la nostra fotografia: se non correggiamo il diaframma (secondo la legge di reciprocità) ma manteniamo fissa la sua apertura, otterremmo dei risultati ben differenti tra loro che variano dalla sottoesposizione fino alla sovraesposizione.
Catturare il movimento
L’otturatore ci permette di giocare con il movimento: più è infatti piccolo il tempo di scatto, più sarà facile per noi catturare una data immagine e congelare l’azione (lo vedremo meglio quando parleremo della fotografia a priorità di tempo).
Ecco di seguito una serie di scatti effettuati a differenti tempi ed applicando la legge di reciprocità (quindi l’esposizione è corretta grazie al dimensionamento relativo del diaframma)
Nella maggior parte delle occasioni, la velocità dell’otturatore utilizzata varia tra 1/30 e 1/250. A queste velocità le immagini tendono a riprodurre la nostra percezione del mondo: vi sono parti nitide e messe a fuoco, altre mosse e fuori fuoco.
Nell’ultima foto è stato inoltre sperimentato l’effetto panning: se avessimo scattato la foto mantenendo la macchina fotografica ferma, avremmo ottenuto tutto fuori fuoco. Con il panning abbiamo “seguito” l’atleta in blu ed il risultato è che lui risulta regolarmente messo a fuoco.
E se aumentiamo ancora di più il tempo di scatto? I tempi lunghi di esposizione a disposizione nella nostra macchina fotografica possono variare da 1 a 30 secondi a cui si aggiunge la funzione B – Bulb (scatto finquando non rilasciamo il pulsante di scatto). Grazie ai tempi di scatto lunghi possiamo catturare altri movimenti, quelli a più ampio spettro:
Nel seguente video potete inoltre osservare l’otturatore ripreso mentre fa il suo lavoro, unitamente agli specchi ed al loro “ribaltamento”.
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