Domenico, o meglio “Mimmo Jodice“, è uno dei più grandi fotografi del nostro tempo che hanno reso celebre la storia della fotografia del nostro paese. La fotografia per Mimmo Jodice è intesa come una ricerca continua di ciò che è innovativo e contemporaneo, in grado di suscitare sensazioni profonde nell’animo dell’uomo. Nei suoi innumerevoli scatti si evince la ricerca di immagini in grado di trasmettere un profondo conflitto interiore, composto da inquietudine e sofferenza, lasciando lontano il ricordo della quiete e della bellezza come un segno tangibile nel pensiero di colui che ha modo di osservare le sue immagini.
Mimmo Jodice nacque a Napoli (dove tutt’ora vive) il 29 marzo del 1934 e vanta ormai oltre cinquant’anni di una brillante carriera con le sue principali opere in mostra presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma.
Jodice, rimasto orfano di padre dopo aver conseguito la licenza elementare, iniziò subito a lavorare completando successivamente il suo percorso di studi come privatista.
Fin dall’età della sua giovinezza iniziò a concentrare le sue attenzioni verso mondo teatrale, verso le arti, la musica sia classica che jazz fino ad arrivare al disegno e alla pittura. Fra tutti questi interessi, l’artista iniziò a muovere anche i suoi primi passi nel campo della fotografia e proprio nei suoi primi reportage a carattere prettamente sociale cominciò a delinearsi la passione vera per quest’arte, tanto da portarlo ad intraprendere, in modo professionale, il mestiere di fotografo: l’amore verso il teatro e tutte le varie esperienze ovviamente influirono positivamente sulla carriera dell’artista tanto da permettergli di raggiungere la notorietà sia a livello nazionale che internazionale grazie alla capacità di rappresentare il nostro paese, regalando allo spettatore non solo immagini ma reali sentimenti.
Nel 1962 sposò Angela Salomone dalla quale ebbe tre figli. Nel 1967 Mimmo Jodice decise di dedicarsi completamente alla fotografia abbandonando ogni altro tipo di attività, soprattutto grazie al sostegno dell’amico fotografo Giovanni Thermes. In quegli anni la visione dei suoi scatti era orientata in modo particolare verso la sperimentazione e la creatività, influenzato specialmente dalle nuove correnti artistiche come Cubismo e Surrealismo, allontanando così la classica tecnica tradizionale.
Propedeutica fu anche la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove ebbe modo di iniziare una serie di sperimentazioni su forme astratte, materia e soprattutto di approfondire gli aspetti linguistico-tecnici della fotografia. Maturò, oltre che per cubismo e surrealismo, una passione per gli oggetti di uso quotidiano nonché ritratto e nudo. La collaborazione con L’Accademia delle Belle Arti di Napoli continuò tant’è che dal 1970 fino al 1994 Mimmo Jodice insegnò fotografia. Il 1967 è anche l’anno della sua prima fotografia pubblicata, sulla rivista (nell’edizione italiana) di Popular Photography.
Le prime mostre significative dell’artista risalgono al periodo tra il 1968 e il 1970 la prima presso il Palazzo Ducale di Urbino e la seconda a Milano intitolata “Dentro Cartelle Ermetiche”. La mostra di Urbino segnò anche l’inizio dell’amicizia con il gallerista Lucio Amelio, grazie al quale entrò in contatto con i più grandi esponenti dell’avanguardia del periodo: Jodice entrò in contatto con personaggi del calibro di Mario Merz, Robert Rauschenberg, Andy Warhol, Hermann Nitsch e tanti altri. Gli influssi di queste conoscenze sono facilmente individuabili nel volume Mimmo Jodice.
Anche l’amicizia con lo studioso di tradizioni popolari Roberto de Simone fu molto importante per l’artista tanto da orientarlo verso la documentazione dei riti religiosi della sua città natale e di tutto il Sud d’Italia. I lavori relativi a questo periodo di vita furono pubblicati nel 1974, nel volume Chi è devoto.
Intorno agli anni 1977 e 1978 l’artista affrontò nelle sue indagini fotografiche il tema legato ai problemi della realtà sociale della sua terra natia come la droga, l’emarginazione, la sanità, la scuola, la ritualità religiosa fino alla devozione dei morti. Successivamente Mimmo Jodice continuò l’evoluzione della sua fotografia nel tentativo di dargli un taglio più linguistico: il risultato fu una mostra, nel 1978 presso lo Studio Trisorio di Napoli, in cui espose fotografie di fotografie di fotografi famosi come Brandt, Evans, Avedon, Kertész. Nello stesso anno gli fu anche dedicato un intero numero di Progresso Fotografico.
Il 1980 sancì la fine del periodo sociale, con la sua fotografia che volse verso una nuova indagine della realtà. Una realtà priva di figure umane ma caratterizzata da spazi urbani vuoti, inquietudine, presenze metafisiche e memorie.
Entrò in contatto con il mondo dell’architettura e in particolare dell’archeologia, altro motivo molto presente nei suoi successivi scatti. Nel 1982 diede alla luce due importanti volumi (Teatralità quotidiana a Napoli, Naples une archéologie future).
Gli anni seguenti furono (e tutt’ora sono) molto proficui in termini di opere pubblicate tra cui Napoli (1981), Sette fotografi per una nuova immagine (1981), Viaggio in Italia (1984), Un secolo di furore (1985), Esplorazioni sulla via Emilia (1986). Nel 1990 vide la luce La città Invisibile, una serie di immagini panoramiche di Napoli, e nel 1993 fu pubblicata i doppia lingua (italiano e francese) la monografia Tempo interiore. Altro volume importante nella bibliografia dell’artista è Mediterraneo (che vide la luce nel 1995). Mediterraneo è anche il punto di arrivo della fase attuale della sua fotografia, imperniata, come detto, sulla memoria ma anche sulla ricerca del passato nel presente. A partire dal 1995, Mimmo Jodice virò verso criteri differenti per la sua fotografia, ovvero verso la fotografia anti-documentaristica. Di questo filone ricordiamo Fotografia e trasformazione nella città contemporanea (1997) e in Paris City of Light (1998).
Particolari sono inoltre i suoi lavori Eden (1998) che estremizza i concetti di Mediterraneo: Jodice, nelle sue immagini, si sposta agli oggetti della quotidianità abbandonando paesaggi e città. Anche Isolario mediterraneo del 2000 rompe le tradizioni, focalizzando l’attenzione su paesaggi di mare, espressione di un viaggio astratto, senza tempo, senza luogo.
Innumerevoli le mostre ed i premi vinti. Tra le mostre più importanti ricordo: Memorial Federal Hall, New York (1985), Musée Réattu di Arles (1988), Philadelphia Museum of Art (1995), Kunstmuseum Dusseldorf (1996), Maison Européenne de la Photographie de Paris (1998), Palazzo Ducale di Mantova (1998), Museo di Capodimonte di Napoli (1998), The Cleveland Museum of Art (1999), Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma (2000), Castello di Rivoli di Torino (2000), Galleria d’Arte Moderna di Torino (2000), MassArt di Boston (2001), Wakayama – Museum of Modern Art in Giappone (2004), The Museum of Photography di Mosca(2004), MASP – Museu de Arte de Sao Paulo (2004), MART – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (2004), Galleria d’Arte Moderna di Bologna (2006) Spazio Forma – Centro Internazionale di Fotografia di Milano (2007) Museo di Capodimonte di Napoli (2008), Palazzo delle Esposizioni di Roma (2009), Maison Européenne de la Photographie di Parigi (2009) Museo del Louvre di Parigi (2011).
Tra i premi più importanti sono da ricordare il premio ‘Antonio Feltrinelli’ del 2003 (per la prima volta assegnato alla Fotografia) a cura dell’Accademia dei Lincei, la laurea Honoris Causa in Architettura conferitagli nel 2006 dall’Università di Napoli Federico II e l’ingressio “d’ufficio” nell’enciclopedia Treccani del 2003.
Attualmente Jodice rappresenta un punto di riferimento per le nuove generazioni, tanto da riconoscere in questo grande artista l’originalità e la sensibilità mostrata nelle varie rappresentazioni fotografiche italiane.