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L’era della pellicola è stata un periodo d’oro per i brand fotografici: le macchine fotografiche erano strumenti di alta precisione realizzati da pochi produttori specializzati e, poiché utilizzavano una pellicola che necessitava di sviluppo e stampa, un enorme settore di servizi che la circondava ha potuto prosperare e, soprattutto, guadagnare. Dagli anni ’60 in poi, il settore si è innovato ed è cresciuto a rotta di collo. Per poi crollare, quasi di botto. Sta per succedere lo stesso per il digitale?
C’è un po’ di sconforto nel mondo dei produttori di apparecchi fotografici con nomi altisonanti che chiudono battenti o cedono le attività (pensate a Kodak o a Olympus): gli anni 2000 sono stati un periodo d’oro dal punto di vista della produzione, con oltre 120 milioni di fotocamere spedite nel 2010. Quella cifra è scesa a un molto triste 9 milioni di unità dell’anno scorso. I numeri parlano da soli, e il vincitore è senza dubbio lo smartphone.
Tuttavia, non è “bianco e nero” ma bisogna andare a considerare una serie di sfumature: la maggior parte di quei 120 milioni di pezzi venduti erano fotocamere compatte di basso valore, ovvero apparecchi che ben poco portavano ai brand fotografici in termini di profitti. Purtroppo, nella discesa verticale che c’è stata nelle vendite, a farne le spese sono state anche le DLSR e le mirrorless: al loro picco le mirrorless sono state capaci comunque di vendere qualcosa come 20 milioni di pezzi per ridursi adesso ad un più sobrio 6 milioni di pezzi (comunque non proprio risibile).
Come si vede dal grafico, nei tempi d’oro (siamo nel 2012), la nascita delle mirrorless fu un “boost” alle vendite di fotocamere: solo dall’anno successivo si è assistito alla caduta degli Dei, ovvero al declino sempre più rapido delle DSLR, per giungere, l’anno scorso, ad un sorpasso su cui nessuno avrebbe scommesso. Sorpasso che sta portando alcune aziende, vedi Nikon, ad abbandonare il segmento delle reflex “half frame”, per concentrare gli sforzi su mirrorless (che tengono) e sulla fascia alta delle reflex, quelle che, probabilmente, saranno ancora appetibili per qualche anno.
L’era della pellicola
Detto questo, lo “sconforto digitale” di oggi si basa sul successo della pellicola nel 20° secolo, quindi sposare i dati di spedizione CIPA di quell’era è istruttivo per capire dove siamo ora. Il grafico qui sotto mostra il boom delle spedizioni delle fotocamere a pellicola che è molto simile a quanto abbiamo visto nel digitale (il primo grafico dell’articolo).
Il grafico mostra due differenti scale riferite a due differenti tipi di macchine fotografiche: a linea piena è riportato il valore economico legato alle due tipologie di apparecchi, mentre la linea tratteggiata il numero di apparecchi venduti. La linea piena rappresenta le macchine fotografiche analogiche con “otturatore sul piano focale”, ovvero quelle di fascia alta (le reflex), mentre la linea tratteggiata rappresenta le macchine fotografiche a “otturatore semplice”, ovvero le macchine tascabili, che potremmo definire di nuovo “point & shot”.
Il mercato pro ha raggiunto il picco intorno al 1980 con circa 7,5 milioni di unità. Tuttavia, il risultato veramente notevole, è stato il valore economico generato da questi apparecchi: 230 miliardi di euro. Le vendite di unità sono aumentate gradualmente negli anni antecedenti il 1980 grazie ad un intenso periodo di innovazione, con la continua ascesa dei produttori giapponesi e l’integrazione di componenti elettronici nelle fotocamere.
Probabilmente questa crescita era dovuta comunque alla “novità”, al fatto che lo sviluppo della pellicola era sempre più veloce ed a buon mercato e magari anche la ricchezza del mercato era elevata. In questo periodo a prosperare erano aziende come Kodak e Fuji che potevano incrementare i propri guadagni grazie alle pellicole ed alle carte fotografiche, i cui proventi crescevano con il crescere delle vendite…e delle foto scattate.
Tuttavia, la velocità del crollo è stata rapida, con il 1999 che è stato l’ultimo anno “importante”, per raggiungere quasi le zero vendite nel 2006. Un po’ meglio è andata per le point&shot analogiche che si sono tenute su valori molto alti (hanno fagocitato molto delle reflex analogiche) fino al 1998 per vedere una discesa quasi verticale sia per unità ventute che per fatturato.
Naturalmente, la ragione dell’improvvisa scomparsa di un’intera industria è stata la nascita della macchina fotografica digitale. Gli apparecchi fotografici digitali erano in circolazione da molto prima del 1999 (la data di inizio del primo grafico del CIPA), con la Fuji DS-1P che inaugurò l’era del digitale commerciale. Fu comunque Nikon, con la D1, a far partire la rivoluzione digitale.
Cosa aspettarsi dal futuro
Ciò che è affascinante guardando la scomparsa della fotocamera digitale è che la sua involuzione è del tutto simile a quello delle fotocamere a pellicola. Nel 1998 le fotocamere digitali hanno si sostituito nelle vendite le fotocamere analogiche (quindi con “danni” ai produttori abbastanza limitati), ma hanno distrutto un’intera filliera di servizi che generava miliardi di euro l’anno…valore economico perso per sempre.
I produttori di fotocamere, anzi, hanno beneficiato di questo cambio: i consumatori non dovevano più preoccuparsi di spendere per le pellicole e per lo sviluppo delle fotografie, cosa è che permesso a questi ultimi di compare a “cuor leggero” le digitali. E questo lo si nota chiaramente dai picchi di vendita: nel 2010 il numero delle spedizioni delle digitali era circa quattro volte più alto del picco delle vendite delle analogiche.
Ma c’era un problema, di non poco conto: molte delle vendite delle digitali era legato a macchine point&shot non proprio di qualità. Macchine che sono state messe da parte dai consumatori in pochissimo tempo, a causa degli smartphone che offrivano la stessa qualità fotografica ma con, ovviamente, più funzioni.
Una volta aperta la porta agli smartphone, non è stato più possibile chiuderla, anzi: sensori sempre più grandi (siamo arrivati ad 1 pollice), ottiche di qualità, zoom ottici e la possibilità di modificare ed inviare le immagini catturate così come di consividerle sui social ha di fatto spostato tutta l’attenzione dei consumatori verso gli spartphone.
Il motore di questi drammatici cambiamenti nell’industria fotografica è derivato dal successo della fotografia e dalla democratizzazione dell’immagine. Negli anni ’80 la macchina fotografica era abbastanza economica e semplice da essere posseduta da chiunque, e costi di sviluppo e stampa erano relativamente bassi. Le macchine fotografiche digitali hanno semplicemente continuato questa tendenza, rendendo le immagini più facili da catturare e distribuire, e la ragione di fondo è stata l’innovazione tecnica. L’innovazione è stata anche la chiave della miniaturizzazione e dell’integrazione delle fotocamere negli smartphone: iconsumatori che hanno comprato macchine fotografiche a pellicola negli anni ’80 e macchine fotografiche digitali negli anni 2000 stanno ora comprando smartphone.
Forse la domanda da farsi è: qual è la prossima “grande evoluzione” per i produttori di fotocamere? Non c’è un’ovvia tecnologia sostitutiva che aspetta dietro le quinte, quindi quali sono le opzioni per i produttori di fotocamere? Vedremo la fine delle macchine fotografiche e soprattutto delle società che le producono (di nuovo, pensate a Kodak e alla sua fine quando è arrivato il digitale)?
- ci sarà sempre una domanda di macchine fotografiche professionali e semi-professionali: il problema è che sarà solo molto più piccola che in passato, con meno di 5 milioni di unità all’anno vendute su scala mondiale.
- nessun produttore fa solo fotocamere ma diversifica i propri interessi in differenti mercati. Ed è il caso di ditte quali Panasonic, Fuji, Ricoh e Sony. Anche Canon ha interessi differenziati anche se è più focalizzata sui settori dell’imaging e della stampa. La maggiore dipendenza di Nikon dall’imaging l’ha resa moltovulnerabile, ma anche lei sta ampliando il suo raggio d’azione, nel tentativo di non soccombere.
- la pellicola è redditizia (si..la pellicola!). I profitti della divisione imaging di Fuji sono guidati dal loro business delle pellicole Instax, con Canon e Polaroid che stanno tornando a vendere grandi quantità di apparecchi e pellicole. La gente, un tempo abituata a stampare le foto, con smartphone e macchine digitali ha “perso” il contatto con la carta stampata, cosa che sta riconquistando proprio in questo periodo, sia con l’uso delle fotocamere istantanee, sia con l’uso di stampanti fotografiche portatili.
- vale la pena ricordare che le fotocamere sono negli smartphone, qualcosa che i produttori di fotocamere sono stati in grado di sfruttare a loro vantaggio. Stiamo assistendo a ulteriori collaborazioni tra produttori di smartphone e fotocamere (Sony che fornisce sensori a tutti, Leica e altri brand che si coalizza con produttori di spartphone).
Non credo che nel breve periodo vedremo morire molte aziende (ma qualcuna si), ma sicuramente la fotografia come la conosciamo continuerà ad evolvere. Ed avremo una netta separazione tra la fotografia professionale (con obiettivi e corpi macchina che costeranno sempre di più) e quella più amatoriale (con smartphone fotografici sempre più potenti e di qualità). E non dimentichiamoci dell’avvento della fotografia computazionale, una branca non ancora percorsa ma che potrebbe a breve essere dirompente.