Come funziona la mente di osserva una fotografia? Cosa accade, quali pensieri e quali sensazioni vengono generate? Cos’è che attira l’attenzione e come riuscire a far si che, un osservatore, veda quello che vogliamo noi fotografi, che colga il senso che alla foto vogliamo dare? Come fare a raccontare una storia con la fotografia? Domande non certo facili da affrontare e rispondere, ma tutte possono essere, almeno in parte, indirizzate tramite la composizione creativa, molto importante soprattutto quando vogliamo raccontare una storia nei nostri ritratti (o meglio la storia dietro il ritratto).
Premessa: la nostra mente è uno strumento unico e complicato. Quando osserviamo una foto, la nostra mente completa la visione catturata dagli occhi, aggiungendo informazioni. Ed è proprio su questo punto che dobbiamo essere capaci di intervenire.
Raccontare una storia con la fotografia: la creatività
Le vostre abilità di fotografo non sono solo dei talento, ma sono qualcosa di più. Sono qualcosa che che si possono espandere, aumentare, come si fa con la muscolatura. Possiamo andare in “palestra” per lavorare sulle abilità al fine di incrementarle, in particolare sulla creatività (la palestra, inutile dirlo, è la pratica). Molti fotografi, data una foto, aggiungono “creatività” solo perché una foto dovrebbe essere creativa.Le composizioni creative dovrebbero essere il veicolo per uno scopo, un metodo per aggiungere un’emozione o una storia che si desidera evocare nell’immagine.
Raccontare una storia con la fotografia: il mezzo ritratto
Mostrando solo la metà di un ritratto (primo piano), si stimola la mente dello spettatore, quasi costringendolo ad approfondire, a capire di più circa l’immagine che sta osservando. L’uso del mezzo ritratto permette, quindi, di attivare la mente dell’osservatore che andrà a colmare in autonomia le informazioni mancanti nella nostra fotografia, “ricostruendo” il volto completo, immaginando seguendo i parametri propri di chi osserva la foto e quanto l’altra metà della foto dice.
Per ottenere i migliori risultati con questa tecnica, non è necessario perdere troppo tempo in fase di scatto, ma si può fare cropping dell’immagine in fase di post produzione. Attenzione alle proporzioni: no limitatevi solo a tagliare la foto ma ricordatevi di rispettare il formato standard dell’immagine, soprattutto se la visualizzazione avviene su monitor, smartphone, pad o altri dispositivi.
Raccontare una storia con la fotografia: il contesto
Per un fotografo, lo stile più gratificante nell’ambito della ritrattistica è quello ambientale. Questo tipo di approccio permette di mostrare non solo il soggetto della fotografia, ma anche l’ambiente che lo circonda: la casa, il posto di lavoro, il paese. In questo modo è possibile indirizzare la mente dell’osservatore a spaziare oltre il singolo ritratto, calandolo in un contesto “vivo”, nell’ambiente che lo circonda, attribuendo sentimenti e sensazioni alla figura ritratta. L’uso dell’illuminazione, dei colori ma anche di quanto viene fotografato oltre al soggetto influenzerà tantissimo la mente dell’osservatore: dosate bene il tutto.
La sfida più grande in questo tipo di fotografia è trovare il giusto equilibrio tra il soggetto principale e l’ambiente circostante. Tenete presente che la figura principale deve essere dominante. Utilizzate la luce, il colore e la nitidezza per rendere il vostro soggetto “primario” rispetto al resto. L’utilizzo di un obiettivo grandangolare è raccomandato per questo tipo di foto in quanto vi permetterà di catturare l’ambiente circostante.
Raccontare una storia con la fotografia: il dettaglio
Come con la tecnica mezzo ritratto, l’uso dei dettagli piuttosto che della figura intera è in grado di scatenare la fantasia dell’osservatore. Scattate per esempio un primo piano delle mani del soggetto, delle scarpe, deii libri di lettura sullo scaffale, della sedia o del tavolo, insomma di qualcosa che richiami il soggetto stesso. Anche un particolare come un occhio, delle rughe o altri particolari anatomici sono ottimi soggetti: dovete far in modo da richiamare la curiosità dell’osservatore in modo che la sua menti “ricostruisca” la figura intera.
Un buon punto di partenza è quello di esaminare il soggetto dalla testa ai piedi, alla ricerca di qualcosa di caratteristico, come un gioiello unico, un tatuaggio, una cicatrice, delle rughe particolari. Potete anche chiedere al soggetto di tenere in mano un qualche oggetto particolare a cui è molto legato, un oggetto in grado di rappresentarlo e di raccontarci qualcosa circa il suo proprietario.
Raccontare una storia con la fotografia: l’effetto Kuleshov
Con questa tecnica, basata sulla sperimentazione innovativa dal regista sovietico Lev Kuleshov (da cui prende il nome), si utilizza la capacità del cervello di trarre significato dalle interazioni. Kuleshov ha dimostrato come un osservatore sia in grado di costruire una storia partendo non solo dai contenuti, ma anche dalla sequenza con cui i contenuti appaiono sullo schermo, nonché dalla connessione tra i vari contenuti.
Nel dettaglio, Kuleshov ha utilizzato un differente insieme di due scatti, presentati in sequenza, ad un certo pubblico. Il primo scatto era sempre lo stesso, per tutte le coppie di immagini: il ritratto dell’attore di film muti Ivan Il’ic Mozzhukhin. Il secondo scatto, al contrario, differiva per ogni coppia: un piatto di minestra, una ragazza morta, una donna su un divano. Alle persone era richiesto di “legare” la foto dell’attore alla seconda immagine.
Ebbene, il pubblico ha elogiato la capacità dell’attore di esprimere sentimenti diversi, come tristezza o fame, tramite le sue espressioni facciali. Insomma, il pubblico ha interpretato per ogni coppia di immagine la prima (sempre la stessa) in modi differenti, costruendo quindi una “storia” ogni volta differente.
Che questo piccolo racconto vi sia di ispirazione: la forza dela composizione creativa è enorme, e non dovete fare altro che approfittarne. Sfidate il pubblico, i vostri osservatori. Un buon esercizio creativo è quello di collaborare con altri fotografi: chiedete agli altri di fornivi un’immagine che, secondo loro, va bene con quella che voi avete scelto (insomma, rifate l’esperimento di Kuleshov) e osservate, una volta ricevute tutte le immagini, quanto saranno differenti tra di loro.