La fotografia, non mi stancherò mai di dirlo, è un’arte. Un’arte capace di raccontare sempre qualcosa. Un’arte in grado di trasmettere all’osservatore ciò che il fotografo ha voluto catturare, i suoi sentimenti, il suo stato d’animo, la sua visione.
Fare delle fotografie non significa essere un fotografo ma soprattutto non significa fare arte.
Al giorno d’oggi, grazie alla possente diffusione di camere anche a bassissimo costo, praticamente chiunque si è cimentato nel fare una fotografia e in tantissimi sono coloro che si reputano fotografi. Esempi lampanti li troviamo sui siti specialistici quali Flickr: quante immagini salvate sul portalone sono davvero degne di nota e quante invece non fanno altro che accrescere il rumore di fondo, l’entropia che gravita intorno alla vera fotografia?
Non voglio dire ovviamente che solo fotografi all’altezza di Bresson o Ansel Adams debbano diffondere le proprie opere, ma solo che troppo spesso manca l’umiltà. L’umiltà di definirsi una persona che semplicemente fa delle fotografie. Non capirò mai la voglia voyeuristica di tantissime persone di mostrare se stessi o la propria vita privata sui social networks o sui siti specializzati. Ma questa è un’altra storia, fatta di Instagram e company.
In tanti credono che fotografare un bel soggetto, sia arte per il semplice motivo che il “bello” si trasforma sempre in bello artistico. Peccato che proprio così non è. Posso restare affascinato dalla fotografia di una bellissima ragazza stesa a prendere il sole, ma probabilmente mi dimenticherò di quello scatto nel giro di pochissimo tempo in quanto non ha saputo comunicarmi nulla. Al contrario, la foto di Bresson di seguito è ben scolpita nella mia mente nonostante sia di una semplicità disarmante.
Il motivo è nella struttura, nella composizione, nella semplicità di lettura della fotografia. Una lettura che viene imposta da Bresson stesso focalizzando lo sguardo dell’osservatore sul ciclista con l’uso sapiente di linee e differenze cromatiche. Al punto da far quasi non vedere il muro che si erge alla destra del ciclista. Tutto qui? Assolutamente no: Bresson con questa foto riesce a comunicare un senso di solitudine, di pace ma anche di costrizione. Un insieme di sensazioni che passano nella mente dell’osservatore, scolpendo l’immagine nella sua memoria.
Il segreto per fare buone fotografie è saper leggere le fotografie: bisogna capire cosa funziona all’interno di una fotografia, cosa riesce a catalizzare la nostra attenzione. Bisogna andare oltre le semplici regole di composizione, oltre la fredda analisi analitica di un’immagine. Per quanto le regole siano importanti, non sono fondamentali e non attenersene è molto spesso il modo perfetto per creare uno scatto d’autore. Insomma, regole si, ma mai trascurare il significato comunicativo dell’immagine. Il fotografo, quando mira e scatta, intende trasmetterci qualcosa e noi osservatori dobbiamo essere capaci di comprendere quel qualcosa.
Prendiamo come esempio la foto di Stuart Franklin, Tiananmen Square (1989): stilisticamente risponde a ben poche regole. Ma ha vinto un premio Pulitzer per il significato di cui è intrisa.
insomma, quando guardiamo una foto dobbiamo sempre farci almeno tre domande: cosa, come e perché. Cosa ha voluto immortalare il fotografo? Come ha effettuato questa foto, quali regole ha applicato? Ma soprattutto Perché ha deciso di catturare proprio quell’attimo?
Un altro aspetto di cui un fotografo deve tenere conto è il rapporto tra fotografia (lo scatto effettuato) e la realtà: due cose ben distinte che spesso e volentieri molto difficilmente riusciranno a fondersi. Più il soggetto sarà attraente o drammatico, più sarà complicato per il fotografo fare in modo che la fotografia rispecchi la realtà, il contesto nella quale è stata scattata. E nuovamente richiamo la foto di Franklin: una foto in fin dei conti molto semplice che ha saputo però rendere la drammaticità degli scontri di piazza Tiananmen molto più di quanto riesca a fare la foto qui di seguito. Eppure entrambi gli scatti sono stati realizzati nei medesimi giorni, nei medesimi scontri ed entrambi con l’intento di mostrare al mondo ciò che in Cina stava accadendo.
Ricordiamoci infine che la bellezza è un concetto relativo: ciò che è bello per me probabilmente è brutto per qualcun altro. Non concentriamoci quindi nello scattare foto a ciò che riteniamo bello ma, ripeto, concentriamoci sullo scattare foto che siano in grado di comunicare qualcosa.
Ed imparare a comunicare è la più grande sfida per un fotografo. Una sfida che passa per tentativi, studio ma soprattutto osservazione. E capacità di imparare da quanto chi ci ha preceduto ha saputo fare. Studiate ma soprattutto leggete le foto.
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