nasce a Philpadelphia il 24 febbraio 1950.
Studia fotografia, cinematografia e teatro alla Pennsylvania State University.
Inizia la sua carriera di fotografo collaborando con un giornale locale. Dopo un paio d’anni decide di lavorare come freelance e parte per l’India, con l’obiettivo di realizzare fotoreportage per i periodici. Sarà soltanto il primo di moltissimi viaggi in Asia, continente dal quale si sentirà attratto durante tutta la sua carriera e dove intraprenderà la maggior parte dei suoi progetti fotografici.
McCurry raggiunge la notorietà internazionale nel 1979, quando in Pakistan incontra dei profughi afghani che lo informano dell’imminente scoppio della guerra. Dopo aver trascorso alcune settimane con i ribelli mujaheddin in Afghanistan poco prima dell’invasione russa, attraversa il confine con il Pakistan travestito con abiti tradizionali e riesce a portare con sé tutti i suoi rullini cuciti tra i vestiti: quelle foto sono tra le prime immagini del conflitto e vengono pubblicate in tutto il mondo. Per il suo eccezionale coraggio riceve la Robert Capa Gold Medal per il miglior reportage fotografico realizzato all’estero.
Da questo momento ottiene incarichi dalle principali riviste del mondo e concentra la sua attenzione sui conflitti internazionali tra i quali la guerra Iran-Iraq, la disgregazione della ex Jogoslavia, Beirut, la Cambogia, la Guerra del Golfo e ancora l’Afghanistan, scegliendo di mostrare gli effetti devastanti della guerra attraverso i volti umani.
I suoi scatti più celebri raffigurano persone: grazie ad un approccio umanistico e ad una eccezionale capacità di superare le barriere culturali e linguistiche per creare un legame di fiducia con i soggetti delle sue foto, McCurry riesce a catturare l’essenza dell’animo umano e a cogliere le storie impresse sui volti della gente.
I suoi soggetti sono bambini, lavoratori, guerriglieri, persone che raccontano il contesto in cui vivono e che colpiscono lo spettatore per l’intensità dell’espressione, per i segni sul viso o per i colori che indossano.
Ciò che rende unici i ritratti di McCurry è la capacità di condurre lo spettatore dentro realtà drammatiche di guerra e di povertà per rivelarne frammenti di bellezza.
Lo scatto più noto di McCurry è quello che ritrae una ragazza afgana fotografata in un campo di rifugiati a Peshawar, in Pakistan che, dopo essere stato scelto come copertina del numero del giugno 1985 del National Geographic, diventa in breve una vera e propria icona e considerata come una delle fotografie più riconoscibili del mondo.
L’identità della “Ragazza Afghana” rimane ignota per quasi vent’anni finché Steve McCurry non riesce a ritrovarla nel 2002, in un’esperienza molto intensa dal punto di vista fotografico ma anche umano. Dopo aver ritrovato Sharbat Gula, soggetto che lo ha reso tanto famoso, McCurry dirà: “La sua pelle è consumata. Ci sono rughe ora, ma è rimasta sensazionale esattamente come lo era tanto tempo fa”.
I lavori di Steve McCurry sono stati pubblicati sui principali giornali del mondo e, grazie ad una innata passione per il viaggio a cui dedica buona parte della sua vita, ha scattato foto in moltissime nazioni e soprattutto nei luoghi devastati dalla guerra.
Nel corso della sua carriera vince numerosi riconoscimenti ed è premiato diverse volte con il il World Press Photo Award. Dal 1986 entra a far parte della Magnum Photos, dove incontra ed ha modo di conoscere uno dei fondatori dell’agenzia, Henri Cartier-Bresson.
Steve McCurry ha pubblicato numerosi libri e i suoi scatti fanno parte delle collezioni dei principali musei internazionali, oltre ad alimentare grandi mostre che attirano migliaia di visitatori in tutto il mondo.
Pur fotografando da anni in digitale, nel 2010 propone alla Kodak di realizzare un progetto utilizzando l’ultimo rullino di pellicola Kodakchrome prodotto.
Nel progetto The Last Roll sono raccolti gli scatti di quest’ultima storica pellicola in un viaggio tra America, India, Istanbul e Londra, fino al ritorno negli Stati Uniti, nel Kansas, dove il rullino viene consegnato all’unico laboratorio al mondo che ancora sviluppa pellicole Kodakchrome e che chiuderà definitivamente qualche mese più tardi, segnando anche la fine di un’era.