Wynn Bullock, il fotografo americano degli inizi del 900, è stato ed è tutt’ora considerato quale uno dei maestri del realismo simbolico del XX secolo.
La fotografia di Bullock è fortemente impressionata dalle correnti pittoriche della sua epoca ed in particolare dal movimento impressionista e post-impressionista, nonché dalle opere di Man Ray che suscitarono in lui la passione per la fotografia.
Wynn Bullock vide la fotografia non come un’arte a se stante ma piuttosto come un collegamento fra il mondo interiore ed esteriore, quale mezzo di ricerca per comprendere la realtà che ci circonda ma anche per cogliere gli aspetti misteriosi ed i lati spirituali della vita.
Le fotografie di Bullock sono una miscela geniale di inquietudine, enigma, realtà, onirico, ombre e luci. I temi si sovrappongono: morte, tempo, vita, luce, idee, creatività, solitudine ed emozioni. La luce incisiva e dominante, in particolare, è sempre protagonista nelle opere del fotografo americano.
Come si può intendere, la fotografia di Bullock è una fotografia molto simbolica, che vuole mostrare la realtà mediandola attraverso immagini che ne colgano la sua l’essenza. Le metafore sono il fulcro dell’arte fotografica di Bullock: mostrano il rapporto uomo-natura, uomo-tempo, vita e morte. Il tutto guidato dall’infallibile istinto dell’artista che credette fortemente nella predominazione dello spirito creativo sul ragionamento.
Da Man Ray, ad esempio, Bullock prese in prestito la solarizzazione (usandola insieme a differenti tecniche fotografiche e di sviluppo), proprio nel tentativo di liberare il proprio spirito creativo.
Questo linguaggio simbolico, molto apprezzato dalla critica e dagli altri artisti, cambiò, nel ‘900, in maniera radicale e per sempre il linguaggio visivo e fotografico. L’immagine diviene il nuovo mezzo con cui penetrare la realtà mentre la tecnica con cui la si realizza va padroneggiata, conosciuta, approfondita per poi essere messa da parte in quanto non deve giocare un ruolo centrale. Bullock affinò la sua tecnica nel tempo grazie soprattutto a tantissimi lavori commerciali commissionatigli in cui ebbe la possibilità (e la fortuna) di poter quasi liberamente sperimentare, riuscendo comunque ad accontentare i suoi committenti.
Il fotografo non è uno scienziato o un filosofo, è solo un fotografo.
Wynn Bullock nacque a Chicago, nel 1902. Da giovane fu un grande appassionato di canto ed atletica tanto da spingerlo, negli anni venti, ad iscriversi alla Columbia University di New York come tenore, iniziando al contempo a cantare in un coro. A metà degli anni venti sposò Mary E. McCarty dalla quale ebbe due figli. La vita coniugale però terminò con un divorzio una quindicina di anni dopo, agli inizi degli anni quaranta.
Gli anni venti sono anche gli anni in cui molto spesso Bullock compie viaggi in Europa armato della sua prima macchina fotografica, una Leica. Viaggi che lo fecero innamorare perdutamente dell’arte.
Nel 1930, tornato in America, si recò aell’Università del West Virginia per studiare legge salvo poi cambiare indirizzo e votarsi alla fotografia, iscrivendosi al Los Angeles Art Center (1938-1940). In questi anni nacque il pensiero predominante del fotografo, ovvero Bullock si orientò verso la concezione dell’immagine come ponte fra l’uomo e la realtà ovvero la sua essenza più profonda, mentre la parola invece diviene un ostacolo, un impedimento nella comunicazione.
Nel 1941 Bullock tenne un esposizione individuale al Los Angeles County Museum, divorziò dalla moglie e intraprese la carriera di fotografo commerciale (necessità legata alla mancanza di denaro per vivere). Il suo primo committente fu l’esercito americano, per il quale effettuò fotografie delle industrie aeronautiche.
Dopo due anni, nel 1943, si sposò in seconde nozze con Edna J. Earle dalla quale ebbe due figli. Con la sua nuova famiglia viaggiò per la California vendendo cartoline e continuando ad occuparsi d’immagini commerciali. Nel 1946 si traferì a Montery per dirigere uno studio fotografico e si dedicò in particolar modo allo studio della solarizzazione.
Negli anni cinquanta si dedicò alla ricerca della sua visione, del suo pensiero. Partecipò alla mostra Family Man (organizzata da Steichen al MOMA) con due opere: “Child in the forest” e “Let there be light”. Realizzò ancora lavori commerciali e free-lance ma la sua fama d’artista cominciò rapidamente a diffondersi. Verso la fine degli anni 50 ricevette uno dei suoi primi riconoscimenti al Salon of Photography Internetional.
Gli anni sessanta iniziarono all’insegna dello studio della luce e del colore e per un breve periodo Wynn Bullock insegnò in vari istituti, tenendo anche diversi seminari, fino al 1970.
Nel 1970 Bullock decise d’intraprendere una nuova fase di ricerca creativa ma venne fermato da un tumore che ne provocò la morte nel 1975.